
nonostante vari tentativi accademici, anche recenti, nessuno e` ancora riuscito a installare lev sestov nella beata schiera dei filosofi del novecento, comodamente assiso tra heidegger e husserl, wittgenstein e bergson. nato a kiev, fuggito dalle maglie del sistema sovietico, studioso di pascal e plotino, sestov aveva il viso di un uomo buono, in perenne stato d`estasi. i suoi libri, tuttavia, sfuggono agli argini del "canone". sono libri che ardono, sanguinano. con l`arguzia di uno stratega, sestov ci obbliga a incenerire le nostre pie convinzioni, ci porta a credere nel miracolo in vece della statistica, disinnesca l`opera dei paladini del quieto vivere, dei burocrati del bene sociale. insegna l`azzardo, procede per vertigini, dice cio` che non deve essere detto. la sua "filosofia della tragedia", compiuta con passo marziale, e` un cerimoniale che fa a pezzi la filosofia. d`altronde i maestri di sestov - dostoevskij e nietzsche - insegnano ad abitare la contraddizione. l`esito, se si e` lettori autentici, e` la follia, una vita tra i sacri paramenti dell`"anormalita`". preparatevi ad annientare tutto.