"se non avete mai letto orazio (65-8 a. c.), la sbalorditiva modernita` di roma e della civilta` classica non vi e` stata ancora rivelata per quanto merita. i suoi versi raccontano le opere e i pensieri di una febbrile e raffinata societa` metropolitana di duemila anni fa, smascherandone satiricamente le vanita`, le goffaggini e i vizi. a cominciare da quello stato d`animo di trafelata ansia che noi contemporanei definiamo `stress`: quell`accumulare obblighi mondani e inutili impegni, quel dannarsi per avere sempre di piu` che distolgono dalla virtu` anziana per eccellenza, la giusta misura. orazio sembra scrivere per gli `emergenti` dei giorni nostri, per gli ammalati di potere, per le vittime delle mode. non gli sfugge un solo vezzo, una sola debolezza: ma ha il pregio (rarissimo per un moralista) di non dispensare severi precetti, ne` ammaestramenti infallibili. preferisce, sorridendo, descrivere i romani (incluso se stesso), e accompagnarli lunga i loro errori, piuttosto che maledirli da qualche pulpito presunto. a dimostrazione che la buona satira e` il miglior antidoto conosciuto della cattiva retorica." (michele serra) |