negli anni cinquanta, mezzo milione di irlandesi lasciarono il proprio paese per costruirsi una vita in gran bretagna, costretti dalla miseria e dalla mancanza di lavoro in patria, perche` "non c`era altro da fare che imbarcarsi". le navi erano quelle del trasporto bestiame, il viaggio lungo e avventuroso, la destinazione spesso ignota. arrivavano con poche sterline in tasca, giovani senza un mestiere che magari non si erano mai allontanati prima dalla campagna e dovevano trovare subito un lavoro. molti di loro si dirigevano alla stazione con un`etichetta applicata al cappotto, come fossero pacchi postali, sulla quale era scritto il nome del cantiere che li avrebbe ingaggiati. le donne, piu` numerose degli uomini e in maggioranza single - un`anomalia nella storia dell`emigrazione europea - per lo piu` andavano a servizio nelle famiglie, oppure lavoravano come cameriere o infermiere. di queste pagine di storia ci offre una testimonianza diretta catherine dunne, una delle voci piu` vibranti della narrativa irlandese: l`autrice di "la meta` di niente" presenta dieci testimonianze, dieci interviste a uomini e donne "doppiamente invisibili", esuli ignorati dal proprio paese, che non ha mai riconosciuto la realta` dell`emigrazione, e dalla comunita` di adozione, che nutriva verso di loro un rancore dettato dall`ignoranza e dai pregiudizi. un mosaico di storie drammatiche, ma talvolta anche divertenti, capaci di farci rivivere un passato che non e` poi cosi` lontano nel tempo dal benessere dell`irlanda d`oggi. |