
con "piccolo cesare", del 1929, siamo all`origine stessa del romanzo criminale. assieme a "giungla d`asfalto", l`altro capolavoro di burnett, costituisce il modello e l`icona di ogni narrazione della giornata del gangster: "brulicante, sporca, fracassona, freneticamente viva" come la metropoli moderna, suo ambiente naturale. da entrambi i romanzi, infatti, vennero insuperabili classici della cinematografia realistica americana; espressioni gergali nacquero dalle perfette metafore dei due titoli, capaci di sintetizzare in un`immagine l`intero universo criminale. ed e` interessante notare che, nati dall`osservazione dichiaratamente oggettiva, "verista" della realta` sociale, i due romanzi hanno certamente influenzato perfino la saggistica sociologica sull`argomento, almeno nelle scelte espressive e nella ricostruzione delle atmosfere. "piccolo cesare" e` il ritratto di un boss, rico bandello, nell`arco della sua avventura: eccezionalmente capace, inesorabilmente freddo, professionalmente estraneo a ogni valutazione etica, straordinariamente fortunato. l`intenzione dichiarata dell` autore era di descrivere l`immagine del mondo vista con gli occhi di un gangster" raccontando la storia "in modo che l`azione stessa parlasse". ma c`e` anche qualcosa di piu`. tacito ed evidente come una scultura, c`e` un tipo umano in tutto il suo spessore psicologico; e in tutta la sua tragedia: essere comunque sconfitto, dover sempre ricominciare.

don fabrizio, principe di salina, all`arrivo dei garibaldini sente inevitabile il declino e la rovina della sua classe. approva il matrimonio del nipote tancredi, senza piu` risorse economiche, con la figlia di calogero sedara, un astuto borghese. don fabrizio rifiuta pero` il seggio al senato che gli viene offerto, ormai disincantato e pessimista sulla possibile sopravvivenza di una civilta` in decadenza e propone al suo posto proprio il borghese calogero sedara. il romanzo e` riproposto in un`edizione speciale per i cinquant`anni di giangiacomo feltrinelli editore.



L'altro grande disco della guitar band Usa, molto popolare due decadi fa. Doug Hopkins e crew avevano inventato un suono chitarristico che ha fatto epoca, purtroppo si sono separati per problemi interni, dopo essere diventati molto famosi, almeno in Usa. Ristampa rimasterizzata di un disco molto bello che merita, se non altro, di venire riscoperto. Vinile stampa Usa, 180 grammi, limited edition.



la vita umana, insegna l?induismo, si divide in quattro periodi: il primo serve per imparare, guidati da un maestro; il secondo per realizzare se stessi; il terzo per insegnare e trasmettere la conoscenza; l?ultimo, segnato da un progressivo disinteresse verso le cose materiali, per prepararsi al congedo. molti, oggi, non lo ammettono. nonostante l?eta, continuano a sgomitare, spingere, accumulare. inseguono cariche, conferme, gratificazioni sociali. non sanno rallentare, ascoltare, restituire. con l?aiuto di una nipotina che insegna il disordine quotidiano (e mette i palloncini sul busto di socrate), beppe severgnini riflette sul tempo che passa e gli anni complicati che stiamo attraversando. "le cose per cui verremo ricordati - scrive - non sono le cariche che abbiamo ricoperto e i successi che abbiamo ottenuto. sono la generosita, la lealta, la fantasia, l?ironia. la capacita di farsi le domande giuste." don?t become an old bore, non diventare un vecchio barbogio: ecco l?imperativo. l?autore invita a "indossare con eleganza la propria eta". per farlo serve comprendere il potere della gentilezza, imparare dagli insuccessi, allenare la pazienza, frequentare persone intelligenti e luoghi belli, che porteranno idee fresche. serve accettare che c?e un tempo per ogni cosa, e la generazione dei figli e dei nipoti ha bisogno di spazio e incoraggiamento. non di anziani insopportabili.