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scritto nel periodo quaresimale del 1598, e` dedicato alla glorificazione di una pietanza quaresimale per eccellenza, l`aringa. questo libello satirico elisabettiano e` in realta` un`esilarante presa in giro degli encomia eroici rinascimentali; racconta infatti, con stile paradossalmente elevato, i benefici dietetici e sociali di questo piatto di magro, ma soprattutto ricostruisce l`origine mitica dell`aringa, metamorfosi dell`eroina alessandrina ero. attorno a questo nucleo narrativo, si dispiega una fitta rete di riferimenti alla vita sociale del periodo e alle battaglie letterarie, che costarono infine all`autore il sequestro di tutte le sue opere.

venticinque sono le pietre studiate dall`erudito musulmano, vissuto tra la tunisia e l`egitto nel 1200 d.c.: la perla, il diamante, il corallo, lo zaffiro, il rubino, la giada, il turchese, il cristallo di rocca, l`ametista.... e per ciascuna pietra tifashi si diffonde in descrizioni dei colori, delle loro virtu`, delle forme, del valore, dei metodi per conservarle. citazioni dotte, osservazioni tecniche e racconti in prima persona, ricordi, esperimenti, verifiche di notizie riportate, dialoghi con mercanti e marinai, gioiellieri e collezionisti: un felice alternarsi di testimonianze di una raffinata civilta`.

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