kurt di koppigen e` come un personaggio di dostoevskij perso nel medioevo e delle foreste del bernese - con qualche anno di anticipo su dostoevskij stesso. la sua anima mal sbozzata e agitata da impulsi incontrollati lo spinge dalla tetra rocca dove e` nato verso le strade piu` impervie. cosi` per scalfire l`indifferenza di una madre cui e` legato da un rapporto di oscura soggezione, kurt commette un delitto e si fa brigante di strada. di qui in poi, ogni suo gesto si inscrive, quasi per incantesimo, in un destino di perdizione che nulla sembra poter capovolgere il riscatto. la fiaba di kurt ha per sfondo valli folte e aspre, per comprimari loschi eremiti e spietati assassini, e per quinta interiore le agghiaccinati visioni del protagonista.
Americana folk, un disco prezioso
Recensendo questa commedia in tre atti del 1947 - rappresentata per la prima volta il 14 gennaio 1948 dalla compagnia "Il Teatro di Eduardo con Titina De Filippo" al Teatro Eliseo di Roma -, scriveva su "Oggi" L. Antonioli: "La trama, come per le precedenti commedie, nasce da un fatto veramente accaduto. Il personaggio di Benedetto, il marito tradito, è realmente esistito: la guerra gli aveva dato in un primo tempo la ricchezza, poi gli aveva tolto la moglie, innamoratasi di un ufficiale americano. Quando è venuto a sapere che la sua storia era stata messa in scena (la fortuna gli aveva già voltato le spalle), non ne ha intentato causa, come gli amici gli avevano consigliato, non ne ha fatto una speculazione, ha chiesto a Eduardo solo una poltrona al teatro"
Piero della Francesca (1416 circa - 1492) conosce le grandi capitali dell'arte, vive a Firenze e a Roma, ma preferisce le colline sull'Appennino: Sansepolcro, Arezzo, la corte di Urbino, i colori della Valtiberina e del ducato di Montefeltro sono gli scenari in cui opera il maestro che incarna lo spirito dell'umanesimo. La mente, liberata dai vincoli medievali, diventa il centro di un universo costruito "a misura d'uomo". Spazio, luce, colore, architettura e natura: Piero governa magistralmente l'immagine, con un controllo intellettuale che si anima e si riscalda in una poesia che raggiunge l'assoluto.
Il volume offre un'inconsueta densità di informazioni sull'artista ed è illustrato con oltre 300 immagini a colori.
"il trattato di semiotica generale" e` certamente il libro che piu` di ogni altro ha segnato la semiotica italiana (e non solo), definendo i limiti di un campo disciplinare e offrendo una teoria globale di tutti i sistemi di segni e dei possibili processi di comunicazione. i problemi tradizionali della linguistica, della logica, della retorica, dell`estetica, della filosofia del linguaggio e delle teorie della percezione vengono qui ripresi, discussi e ripensati nel quadro di una disciplina che nel 1975 (anno del libro) era ai suoi albori. con questo libro umberto eco e` diventato a tutti gli effetti il "padre" della semiotica e da allora - dal 1975 - "il trattato di semiotica generale" non ha mai smesso di essere letto, discusso, citato, tradotto: punto di riferimento passato e presente (e certamente futuro) di intere generazioni.
tra gli orrori di cui la storia del novecento e` stata prodiga, pochi sono paragonabili alla condizione dei besprizornye, come venivano chiamati nella russia postrivoluzionaria gli innumerevoli bambini e ragazzini rimasti orfani in seguito alla guerra, alla guerra civile o alla carestia. stimati tra i sei e i sette milioni nel 1921, sporchi, vestiti di stracci, vagavano da soli o in gruppi per le citta` e le campagne in cerca di cibo, spostandosi nel paese aggrappati alle balestre sotto i vagoni dei treni, trovando riparo dal gelo negli scantinati delle stazioni o dentro i cassonetti, spinti dalla fame a un crescendo di aggressivita` e violenza che arrivava fino al cannibalismo. ne` potevano offrire un`alternativa a quella vita gli orfanotrofi pubblici: strutture, in tutto simili ai lager che di li` a poco sarebbero sorti per altri scopi, dove bambini scheletrici giacevano ammassati in condizioni spaventose. e se negli anni venti il problema viene studiato sul piano sociale, politico, giudiziario, psicologico ed educativo, in seguito saranno imposti il silenzio e la censura da parte di uno stato che non puo` certo ammettere un simile sfacelo nel `paradiso` della societa` sovietica. negli ultimi trent`anni il fenomeno e` tornato oggetto di analisi e rigorose ricerche storiche. luciano mecacci e` riuscito, grazie a testimonianze dirette e documenti dell`epoca spesso trascurati, a offrirne una ricostruzione completa anche dall`interno, calandosi - e calandoci - nell`abisso psicologico e umano dei protagonisti di vicende che possono sembrare, oggi, semplicemente inverosimili.
"la memoria e l`oblio sono i due aspetti, apparentemente opposti, di un processo che, sia a livello individuale che collettivo, conferisce un senso all`esistenza". i due termini "hanno in se` qualcosa di ambiguo: un`ambiguita` che non deriva soltanto dal fatto che essi si riferiscono a due processi estremamente vasti..., ma anche da quello che esiste un sottile ed univoco intreccio tra memoria e dimenticanza, una sorta di giusto equilibrio tra due forze in apparente contraddizione". da qui prende avvio il libro, per addentrarsi poi nell`esame delle affinita` e delle analogie tra la memoria del singolo e della collettivita`, dell`evoluzione e delle trasformazioni cui e` soggetto il ricordo, degli usi dell`oblio, della funzione della memoria.
Citadel Press, 1969, USA. Parker Tyler è un appassionato di cinema fin dalla prima volta che in una sala di New Orleans vide un film tra le braccia del padre. Crescendo la sua passione si è ingigantita fino a fare di lui un critico d'arte specializzato nel cinema. E' stato editore della rivista View e ha collaborato con numerose altre pubblicazioni e scritto diversi libri. Tra migliaia di pellicole, in questo volume sceglie e analizza 75 film che considera tra le massime opere mondiali. Combinando fotogrammi originali e commenti critici, l'autore disserta su capolavori come Le Cien Andalou di Louis Bunuel o La Dolce Vita e La Strada di Fellini. In inglese.
Citadel Press, 1974, USA. Il libro ricostruisce le carriere del grande attore Henry Fonda e dei figli Jane e Peter, che in maniera diversa hanno tutti avuto un grande impatto sul cinema hollywoodiano. Dagli esordi fino agli anni '70 il volume analizza i film e i ruoli interpretati dagli attori, illustrando l'analisi con bellissime foto e fermo immagine in bianconero. In inglese.