"ehi, giuliano. hai colto, con la prontezza di riflessi che accompagna la tua intelligenza come il palo accompagna il ladro, l`occasione dello slogan: moratoria dell`aborto. che cosa significa? niente, direi. e uno slogan, appunto, reso efficace dal calco capovolto di quell`altro, moratoria della pena capitale, al quale rubasti lestamente la scena e guastasti la festa. alla lettera, non significa niente: le donne non possono sospendere a tempo indeterminato gli aborti, a differenza dagli stati, che possono sospendere le esecuzioni capitali. c`e` una sovranita` territoriale. il corpo delle donne appartiene alle donne, e non c`e` diritto di ingerenza umanitaria che possa violare questa sovranita` personale fino a che la creatura che cresce dentro il corpo materno non se ne sia staccata. l`ingerenza umanitaria sa che uno stato non esaurisce in se` i cittadini individui. madre e nascituro sono invece due e tutt`uno. senza questa ammissione, l`habeas corpus non esiste, se non come diritto dei maschi per i maschi" (adriano sofri).
condannato alla relegazione in corsica nel 41 dall`imperatore claudio per un ambiguo intrigo di corte, seneca trae spunto dalla sua personale vicenda per riflettere sul destino e sulla responsabilita` umana, per distinguere, nella condizione umana, cio` che e` apparenza da cio` che invece e` sostanza. ne derivano pagine nella quali si fondono affetti e meditazioni, precetti di filosofia stoica e spaccati di vita romana.
"spesso la pittura ha mosso la mia penna. se in un lontano pomeriggio del 1970 non fossi entrato al prado e non fossi rimasto "prigioniero" davanti a las meninas di velazquez, incapace di uscire dalla sala fino alla chiusura del museo, non avrei mai scritto `ii gioco del rovescio`. lo stesso vale per l`enorme suggestione provata da bambino davanti agli affreschi del convento di san marco, rivisitati spesso da adulto, che un bel giorno ritorno` con prepotenza sbucando nelle pagine de `i volatili del beato angelico`". dalla suggestione di un`immagine, soprattutto dalla pittura, nascono questi racconti di tabucchi. ma a sua volta il racconto sembra catturare in un`altra dimensione le figure che lo provocarono: e` quella contea fantastica dove, come scrisse leopardi, "l`anima immagina quello che non vede". cosi` le figure sembrano risvegliarsi dalla loro immobilita`, acquistano vita, da immagini diventano personaggi e interpreti delle loro storie. suddiviso come un ideale spartito musicale (l`adagio dove prevale la chiave della malinconia, l`andante con brio per un`atmosfera piu` giocosa, le ariette laddove il motivo e` solo accennato e non eseguito) questo libro polifonico e` anche il puro piacere del testo, un fuoco d`artificio narrativo, lo stupefacente cromatismo di un maestro riconosciuto del racconto.
i moti del 1848 in sicilia come pretesto per rivalse trasformistiche da parte del notabilato: in questo contesto si svolgono due efferate stragi sulle quali le autorita` si affrettarono a stendere un velo di silenzio. la prima strage avvenne a porto empedocle, dove il maggiore sarzana si libero` in un sol colpo di 114 detenuti, soffocandoli e bruciandoli vivi in una cella comune; la seconda ebbe luogo a pantelleria, dove ad opera di mafiosi e proprietari furono giustiziati 15 contadini in base a pretestuose accuse. sulla scorta dei ricordi tramandati dalla sua famiglia, e consultando residue documentazioni, camilleri fa rivivere quei tetri episodi in un racconto amaramente umoristico.
in un cofanetto sono raccolti i due volumi del dittico di giancarlo buzzi "isabella delle acque": il primo, intitolato "isabella della grazia", e il secondo, "isabella della stella". in una lingua che contesta quelle correnti e si esprime con materiali, costruzioni, richiami disparati e sottili, buzzi offre in questi testi una visione dei tempi che tanto piu` contesta quanto piu` sembra estraniarsene.
per molti anni, anzi quasi fino a oggi, vi e` stato in germania un argomento tabu` per eccellenza: la distruzione senza precedenti causata nella seconda guerra mondiale da oltre un milione di tonnellate di bombe, che piovvero su centotrentuno citta` tedesche provocando seicentomila morti fra i civili e sette milioni di senzatetto. poiche` i tedeschi erano colpevoli e dovevano elaborare la loro colpa, cio` che un intero popolo aveva patito era destinato a passare sotto silenzio. quando nel 1997 sebald tratto` questo tema in una serie di memorabili lezioni a zurigo - ed erano lezioni, si badi bene, di poetica -, sapeva benissimo di toccare un nervo scoperto. e nessuno come lui si sarebbe rivelato capace di farlo.