 
	giorgio montefoschi ritorna al viaggio, una passione che lo accompagna da lungo tempo. e lo fa con lo sguardo che gli e` piu` consono, ossia quello del narratore. l`india, il nepal ma anche israele o l`iran non sono solo mete geografiche ma soprattutto spunti di riflessione, di conoscenza, di comprensione. e il suo approccio ai fatti, alle cose, ai luoghi, agli uomini e` innanzittutto motivato da una tensione morale, da una necessita` spirituale.
 
	 
	"tutto e` bene quel che finisce bene" e` l`avventura tormentata della bella elena, accolta nella ricca dimora dei conti di rossiglione dopo la morte del padre, uno stimato medico e fedele servitore della prestigiosa casata. ispirandosi liberamente alla nona novella della terza giornata del decameron di boccaccio, shakespeare racconta le intricate peripezie d`amore della giovane elena per bertram, il figlio ed erede del conte, che pero` non intende nemmeno prendere in considerazione l`eventualita` di una relazione con una donna di rango inferiore.
 
	francia, fine ottocento. la normandia, il mondo della finanza colonialista, amori infelici e legami spezzati, la guerra, l`inettitudine della classe media: questi i temi che ricorrono nelle tranches de vi`e che vanno a comporre l`immagine di un paese decadente, immobile, di una borghesia piatta e mediocre, condannata a sopportare la realta` senza viverla. l`osservazione acuta del naturalista si coniuga in maupassant a un`attenzione morbosa nei confronti dell`ambiguita` delle sensazioni e della fragilita` delle psicologie. l`introduzione di louis forestier, uno dei massimi studiosi di maupassant, mette in luce le relazioni tra l`arte dello scrittore, la sua vita, la sua epoca, i suoi contemporanei.
 
	 
	 
	 
	 
	 
	 
	agosto 1969. nei giorni in cui i prati di woodstock vengono ripuliti dai rifiuti lasciati da mezzo milione di giovani accorsi a seguire un festival gia` leggendario, miles davis porta in studio un`orchestra come non si era mai sentita: tre fiati, chitarra, due bassi, tre tastiere elettriche, quattro set di percussioni. con qualche appunto schizzato su carta e dopo una sola serata di prove, in tre mattine si registra il materiale di "bitches brew": un disco che cambiera` la storia della musica, influenzando intere generazioni di musicisti e di ascoltatori. quando esce il disco, nella primavera del 1970, si parla della nascita di un nuovo genere musicale, che fonde le sottigliezze improvvisative del jazz con l`energia del rock. ma la vera novita` sta nelle proporzioni, nel respiro sinfonico di brani estesi per venti e piu` minuti, frutto di un sapiente lavoro di postproduzione che sconfina nella vera e propria composizione. profetico, psichedelico, progettato come un`opera d`avanguardia e allo stesso tempo pianificato come un grande successo commerciale, "bitches brew" e` il risultato di una serie di esperimenti durati alcuni anni, durante i quali la visione artistica di miles entra in una fruttuosa tensione con gli interessi della sua casa discografica, grazie alla sottile mediazione di un geniale produttore, teo macero. enrico merlin e veniero rizzardi, consultando per la prima volta un corposo materiale d`archivio, compresi i nastri originali delle sedute, ricostruiscono la genesi dell`album in un racconto che abbraccia i tre anni in cui miles conobbe forse l`evoluzione piu` interessante della sua intera carriera, e ci restituiscono una cronaca accurata delle fasi di preparazione, registrazione e postproduzione, arricchita di foto e documenti, cronologie e discografie. a mezzo secolo dall`uscita di "bitches brew" il saggiatore porta in libreria la nuova edizione, completamente riveduta e aggiornata, di un libro candidato a classico della storiograf
 
	"le montagne della follia" di howard phillips lovecraft racconta il catastrofico esito di una spedizione nelle profondita` inesplorate del continente antartico. farnsworth wright rifiuto` di pubblicare l`opera su "weird tales" perche`, a detta dell`editore, troppo lunga. l`orrore, per stereotipo, necessita di poche molecole di azoto, di respiri corti, mutili, di un sentimento di morte improvvisa accompagnato da brevi, fulminanti agonie: chi potrebbe sopportare uno spavento protratto oltremisura nel tempo? e invece tra le montagne della follia l`eco della paura si centuplica di grotta in grotta, e la resistenza dei personaggi e del lettore e` spinta al limite della sopportazione. il saggiatore ripropone questo classico in una traduzione finalmente completa, che rifugge la tentazione di ricondurre a una mal compresa lo stile ossessivo, tassonomico, rituale di lovecraft. nella sua prosa l`orrore opera sempre nella stanza accanto, senza fare ostaggio di testimoni oculari; riempie le tubature e si riverbera fonicamente tra le pareti (tekeli-li! tekeli-li!), in un linguaggio nero che esisteva gia` prima del linguaggio umano e della parola, e che l`uomo non puo` decifrare; emana miasmi intollerabili e sconosciuti; lascia tagli ed escoriazioni ovunque. ma non si vede. o almeno, non si vede mai del tutto: si cela nei cunicoli, dietro rocce cadute, al fondo di abissi glaciali. cosi` si compone il paesaggio delle "montagne", dipinto da un pittore alieno: in un simile sacro bosco, sovrumano, dove catene montuose di ardesia precambriana si alzano fino all`orlo inimmaginabile del pianeta, l`uomo diventa cacciagione, preda, o addirittura campione scientifico da sezionare e notomizzare, crudamente, come un esemplare di animale raro appena scoperto. la geografia antartica descritta da lovecraft, pero`, e` anche e soprattutto una geografia interiore, di certe latenze oniriche castrate dal meccanismo di rimozione, in cui una potenza cosmica anteriore al cretaceo o all`e
 
						