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piu di settant`anni fa, piero gobetti (torino 1901 - parigi 1926), uno dei piu coraggiosi politici e pensatori italiani, rivoluzionario e liberale, pubblicava questo saggio. da allora i mali e le anomalie del caso italia non sono state risolte, la rivoluzione liberale non e` stata compiuta. come scrive paolo flores d`arcais nel saggio introduttivo "la lezione di piero gobetti e` politicamente attuale per l`impressionante lucidita` con cui puo` prestarsi a descrivere i fenomeni dei nostri giorni e a diagnosticarne la patologia".

ben prima dell`inizio canonico della globalizzazione, fondamentali tendenze storiche rivelano l`interdipendenza dei cambiamenti politici e sociali a livello planetario. eventi mondiali come le rivoluzioni europee del 1789 e del 1848 si riverberarono all`esterno mescolandosi con le convulsioni che si producevano all`interno di altre societa`. dall`altro lato, eventi esterni all`emergente "nocciolo" europeo e americano dell`economia industriale contribuirono a plasmarne le ideologie forgiando nuovi conflitti politici e sociali. nel corso di tali processi, anche le forme dell`agire umano si adattarono reciprocamente finendo con l`assomigliarsi dappertutto nel mondo. attingendo a una mole sterminata di conoscenze, bayly ripercorre il sorgere di uniformita` globali nello stato, nella religione, nelle arti, nei rapporti di genere, nelle ideologie politiche e nella vita economica nel corso del xix secolo. il quadro che si disegna e` una "world history" che si sottrae a qualunque visione unidirezionale, che accetta di essere decentrata e segnata dalla discontinuita`, dalle rotture non preannunciate e insieme dal permanere di antiche forme di dominio.

norman mailer fa una breve, intensa e coraggiosa meditazione sulla posizione degli stati uniti nel mondo, che sembra caratterizzarsi per un`ininterrotta guerra dichiarata al terrorismo internazionale. si parte dall`11 settembre, che appare sempre piu` uno spartiacque definitivo e il principio di una crisi d`identita` senza precedenti nella storia del paese. la parola "patriottismo" puo` diventare un terreno di scontro, perche` da un lato puo` richiamare i valori dell`identita` nazionale, dall`altro invece puo` essere agitato come uno stendardo dai nuovi crociati che pensano soprattutto a lottare contro il "male", considerato a priori un nemico esterno.

realizzata per una rappresentazione al teatro franco parenti di milano, in cui re lear era interpretato da piero mazzarella, la traduzione di emilio tadini nasce dal preciso intento di restituire al testo shakespeariano la sua caratteristica fondamentale: la recitabilita`. testo teatrale prima che testo letterario, "re lear" e` una tragedia che mette in gioco affetti semplici e profondi: lear, prima che sovrano destituito, e` un padre tradito da due delle sue figlie. lavorando sulla lingua per renderla, senza tradire l`originale, piu` discorsiva e diretta, tadini e` riuscito anche a dare risalto e spessore a quegli affetti, rendendo piu` umani i personaggi che li provano e, a volte, svelandone aspetti inediti.

questo libro si inscrive in un percorso creativo dell`autrice segnato da una poetica forte e innovativa: il superamento dello studio psicologico dei personaggi, vero cardine del romanzo ottocentesco. cio` che ha sempre interessato la serraute e` una sorta di registrazione in presa diretta di quegli stati psichici minuti e contingenti che ha chiamato "tropismi". l`intreccio di una possibile storia deve dunque venire sostituito da una sorta di vissuto primordiale, di parlato prvvisorio, non percepibile nel discorso di ogni giorno, ma improvvisamente fantastico e rivelatore nella pagina scritta.

«La misura dello straordinario talento narrativo di Gaige sta nella sua capacità di convincerci a credere quel che non sarebbe credibile, e ad amare un protagonista che non dovrebbe essere amabile. Di rado un'idea di romanzo tanto azzardata ha trovato una voce narrante cosí irresistibile».

Jonathan Franzen

ha centosettant`anni, ma non perde un colpo. pubblicato a puntate fra l`agosto 1844 e il gennaio 1846 sul "journal des de`bats", mentre dumas lo stava ancora scrivendo (con l`aiuto di un ghost-writer, auguste maquet), senza sapere nemmeno lui come l`avrebbe concluso, e intanto metteva in cantiere altri due o tre romanzi, "il conte di montecristo" ha lasciato, e lascia tuttora, col fiato sospeso folle di lettori di ogni estrazione sociale e di ogni paese. nessun romanzo, forse, ha avuto tante edizioni (settantasei solo in italia, gia` dal 1846), tanti adattamenti cinematografici (il primo nel 1922) e televisivi; e` diventato un musical, un fumetto con paperino, e` stato immortalato sulle figurine liebig e condensato nelle strisce della magnesia san pellegrino; oggi ispira la serie americana "revenge". tutti quindi possono dire di conoscerne almeno a grandi linee la trama e il protagonista, anche chi non lo ha mai letto. ma non c`e` trasposizione, necessariamente lacunosa, data la mole del romanzo, che valga il godimento di aprirlo e rimanere intrappolati senza scampo nel suo inesorabile ingranaggio narrativo, che funziona sempre anche se si sa gia` come andra` a finire la vicenda. i suoi stessi difetti, le ripetizioni, le digressioni, le zeppe, sono funzionali al piacere della lettura.

un prospero assicuratore, dopo un pauroso incidente, si risveglia all`ospedale con due mogli al suo capezzale, ciascuna ignara dell`esistenza dell`altra. superato un primo, comico smarrimento, l`uomo deve dare delle spiegazioni alle due donne e forse, via via che il testo procede, anche a se stesso. apparentemente sembra che miller abbandoni le tematiche politico-sociali e la critica della societa` americana che lo hanno reso famoso per dedicarsi a una . in realta`, sotto ai fitti dialoghi del testo si snoda una domanda inespressa ma ben presente: la felicita` individuale, che sembra essere il principale ideale della modernita`, va cercata ad ogni costo? miller costruisce le posizioni dei personaggi in maniera imparziale e lascia che sia lo spettatore a prendere partito. ma il tono da commedia brillante, con vere e proprie perle di ironia, non nasconde il fatto che dietro questa schermaglia si giochi una fondamentale partita sui comportamenti dell`uomo, sui valori e sui principi etici.

. guardare, guardarsi, essere guardati... che cos`e` davvero una sfilata di moda? aggancia, su un suo palcoscenico "unico", l`arte, il cinema, il teatro, la danza, la fotografia, il simbolo e il racconto, la politica persino e l`informazione. e legge ininterrottamente il mutare della contemporaneita`, ovvero non finisce mai di rispondere alla domanda di tutti e di ognuno: moda e sfilata di moda () sono riti sociali esclusivi, certo, ma le risposte che tentano ci riguardano tutti, in modo emotivo, spettacolare, leggero, splendidamente inutile. , dice rene` ce`lestin, fondatore di una delle maggiori case di produzione di sfilate. ma in ballo c`e` sempre il significato della modernita`, ed e` per questo che, da baudelaire in poi, se ne occupano fra gli altri anche walter benjamin, roland barthes, jean baudrillard... claudio calo` ne ha uno sguardo dall`interno, che e` ad un tempo in presa diretta e critico. ci racconta di giorgio armani, di john galliano, di ralph lauren, di karl lagerfeld, di gianni versace, di alexander mcqueen o di antonio marras come delle supermodel degli anni `90, e ci conduce per mano dalle vere e proprie bambole che venivano usate nel settecento in francia per far conoscere la moda di corte in provincia, fino agli spettacoli planetari e virtuali - avatar al posto di modelle al posto di bambole... - attraverso cui la moda ha dovuto evolversi, spinta fra l`altro dalla pandemia a trovare un nuovo equilibrio e forse una nuova forma. calo` la c

federico ii di svevia, imperatore del sacro romano impero, re di sicilia, re di gerusalemme, stupor mundi, e` sempre stato considerato uno dei personaggi piu` affascinanti della storia europea, celebre per la sua cultura, per la volonta` di stabilire un governo illuminato e per la determinazione con cui contrasto` il potere papale. le cose pero` non stanno esattamente come vuole una certa tradizione storica: abulafia tratteggia in questa biografia una figura molto diversa, meno tollerante e piu` tradizionalista, meno coraggiosa e combattiva, timorosa di due papi aggressivi e sospettosi. una ricostruzione decisamente contro corrente da leggere come un affascinante romanzo storico. completano il volume le carte storiche relative al periodo considerato, la bibliografia, le note e l`indice analitico.

al centro della scena una donna di mezza eta` cerca di dipingere il ritratto di una ragazza seduta su un divano, lei stessa in anni passati. a poco a poco le si affiancano la stessa ragazza e altre figure della sua famiglia: la madre con la quale ha sempre avuto un pessimo rapporto, la sorella sessualmente disinibita che tanto ha invidiato, il padre marinaio che tanto ha amato, lo zio che ne ha preso il posto accanto alla madre in una situazione amletica. al centro c`e` una scena primaria: dice la donna a un certo punto. ma davvero la questione del tradimento della madre e` il motore di tutto, o e` un alibi che spiega solo parzialmente il fatto di non essere ? la forza di questa pie`ce sta nei tempi mescolati: tutto sulla scena accade in modo simultaneo creando una serie di cortocircuiti esistenziali e rappresentativi molto spiazzanti. le battute tra i personaggi del presente e quelli del passato non dialogano ma si richiamano per echi. dice ancora la donna. il tempo e` il vero protagonista, ma e` rappresentato come una gabbia paralizzante da cui non si esce. tutto e` fissato una volta per sempre e le opzioni per lacerare questo teatro di ripetizioni (accettare le proposte di un uomo innamorato, andare a vedere la madre morente) vengono sistematicamente e coerentemente rifiutate. questo testo teatrale del premio nobel, scritto nel 2002 per il festival di edimburgo, viene messo in scena da valerio binasco, debutto al carignano di torino nel marzo 2024. un`occasione per conoscere la drammaturgia dello scrittore norvegese attraverso uno dei suoi testi piu` acclamati e piu` rappresentati nel mondo.

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