
constant racconta qui i primi vent`anni della propria vita: la nascita, l`educazione discontinua sotto la guida di un padre vedovo, sino alla fuga in inghilterra. il narratore non risparmia il sale dell`ironia neppure alla sua persona e ai suoi amori. dal suo beffardo umorismo si salva solo l`amica di sempre, cui sono dirette le bellissime lettere dall`inghilterra che completano il volume.


"infermita` del corpo e infermita` della nazione, anzi del pianeta, fanno un tutt`uno drammaticamente vessato e dolorante in questo poema-monologo nelle cui lasse o variazioni giunge, mi sembra, a un punto davvero decisivo di incandescenza e di qequilibrio e compattezza formale uno dei piu` vividi talenti espressivi suscitati negli ultimi decenni dalla riluttanza a morire della nostra povera, martoriata, meravigliosa lingua italiana" giovanni raboni.





"nessuno come dostoevskij e` andato mai cosi` lontano, nel viaggio verso il male assoluto: nessuno vi ha mai abitato con tale costanza; e ci ha guardato cosi`, con gli occhi stessi del crimine" scrive pietro citati mentre ci accompagna guida lucida e insieme partecipe, quasi febbrile - attraverso "delitto e castigo". e ad attirarlo, ancor piu` di svidrigajlov o raskol`nikov, e` stavrogin, in cui soffia "il vento di un vuoto gelido e vertiginoso, illimitato e senza confini": certo perche` scrivendo i "demoni" dostoevskij si e` rispecchiato in lui, e "scorgendo questo riflesso, ha avuto paura delle profondita` inattingibili del proprio cuore". sono dunque dostoevskij e stavrogin il cuore tenebroso di questo libro, dove citati rilegge i grandi romanzi dell`ottocento (quelli di balzac, poe, dumas, hawthorne, dickens, flaubert, tolstoj, stevenson, james) per cogliervi in atto la passione del male, l`incontro con il male. li rilegge come soltanto lui sa fare: non da critico accademico o militante ma da "lettore-scrittore" (come ha notato nadia fusini), capace di illuminarli prolungandone il fascino nella sua scrittura. e comunicando a noi il desiderio irresistibile di rileggerli a nostra volta.

in un castello della maremma toscana vicino alla bolgheri di giosue` carducci, arriva un venerdi` di giugno del 1895 l`ingombrante e baffuto pellegrino artusi. lo precede la fama del suo celebre "la scienza in cucina e l`arte di mangiar bene", il brioso e colto manuale di cucina, primo del genere, con cui ha inventato la tradizione gastronomica italiana. ma quella di gran cuoco e` una notorieta` che non gli giova del tutto al castello, dove dimora la famiglia del barone romualdo bonaiuti, gruppo tenacemente dedito al nulla. la formano i due figli maschi, gaddo, dilettante poeta che spera sempre di incontrare carducci, e lapo, cacciatore di servette e contadine; la figlia cecilia, di talento ma piegata a occupazioni donnesche; la vecchia baronessa speranza che vigila su tutto dalla sua sedia a rotelle; la dama di compagnia che vorrebbe solo essere invisibile, e le due cugine zitelle. in piu`, la numerosa servitu`, su cui spiccano la geniale cuoca, il maggiordomo teodoro, e l`altera e procace cameriera agatina. contemporaneamente al cuoco letterato e` giunto al castello il signor ciceri, un fotografo: cosa sia venuto a fare al castello non e` ben chiaro, come in verita` anche l`artusi. in questo umano e un po` sospetto entourage, piomba gelido il delitto. teodoro e` trovato avvelenato e poco dopo una schioppettata ferisce gravemente il barone romualdo. i sospetti seguono la strada piu` semplice, verso la povera agatina. sara` pellegrino artusi a dare al delegato di polizia le dritte per ritrovare la pista giusta.







da sempre le attese, i problemi e le tensioni dell`individuo devono fare i conti con le stesse istanze, le necessita` e i limiti imposti dalla convivenza sociale. le difficolta` di questo rapporto si riflettono nello stereotipo negativo per cui individuo e societa`, io e noi sarebbero concetti contrapposti. elias opera invece una sintesi tra i due termini, superando la contrapposizione attraverso l`immagine di una rete. gli esseri umani si modificano nel loro rapporto reciproco: nel loro incessante tessere e ritessere, nel dissolversi e ricostituirsi dei rapporti il singolo cresce, spesso senza accorgersene nemmeno, senza averne alcuna consapevolezza. elias affronta la questione cruciale del vivere civile tornando ancora a insistere sul concetto di "societa`", il nodo centrale del suo pensiero.