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in questo saggio allegro e documentato, william alexander indaga come il pomodoro sia passato da essere ignorato e disprezzato fino a diventare straordinariamente popolare in tutto il mondo. i primi a farne menzione furono i conquistadores spagnoli che lo scoprirono demolendo la civilta` azteca e lo portarono in europa. quando il pomodoro prese a circolare in italia, risultava talmente strano che la gente non capiva nemmeno che parte se ne dovesse mangiare. ci furono esperti gourmand che lo dichiararono non commestibile dopo averne masticato attentamente le foglie. fu addirittura giudicato velenoso da molti perche` imparentato con la belladonna, ed e` stato cosi` ignorato per secoli. quando, sempre in italia, il consumo di pomodori ebbe finalmente inizio, a provarli furono soprattutto personaggi facoltosi e potenti, in cerca di degustazioni esotiche, come i gastronomi curiosi e avventurosi che, trovandosi in giappone, non tralasciano di cimentarsi col fugu, il leggendario pesce palla potenzialmente letale della cucina nipponica. alexander ci mostra come il pomodoro si sia trasformato, nel corso dei secoli, nell`utilizzo e nella percezione: da cibo raro a merce industriale. quando la sua coltivazione esplose, negli stati uniti, venne inventato il ketchup come modo per utilizzare gli scarti lasciati dopo l`inscatolamento... supportato da una ricerca storica e botanica accurata, una scrittura chiara e divulgativa e tempi comici ben calibrati, william alexander intreccia viaggi, leggende, umorismo, avventure (ma anche disavventure) per seguire la scia del pomodoro attraverso la storia. un racconto rocambolesco ed epico in cui non mancano eroi, artisti, conquistatori e mafiosi. una guida appetitosa sull`alimento che strega il nostro palato da sempre.,

con questo nuovo grande commento alle storie di erodoto, al quale hanno partecipato studiosi inglesi, israeliani e italiani, la fondazione lorenzo valla vuole rendere omaggio al padre della storiografia europea: all?uomo che simboleggia la passione dell?occidente per tutto cio che non gli appartiene. quante cose aveva contemplato erodoto! mentre leggiamo le storie, lo vediamo ancora, animato da una curiosita insaziabile verso la totalita dell?esistenza, entrare nei templi e "osservare, conversare, porre domande, ascoltare, riflettere, paragonare, sollevare problemi, ragionare, talvolta concludere". egli considera con attenzione e rispetto tutto cio che fa l?uomo - tutte le nostre imprese gli sembrano degne di interesse o memorabili. e, insieme, sparge un?onnipresente ironia sugli orgogli, le vanita, le pretese, le follie, la hybris dell?uomo. "nulla e sicuro tra le cose umane." "tutto nell?uomo e caso e circostanza." nella nostra vita si fondono l?iridescente imprevedibilita del caso, la ferrea necessita del destino, la strana partecipazione degli dei - verso i quali egli prova un?ellenica mescolanza di venerazione e diffidenza. prima o dopo di lui, nessuno ha mai saputo orchestrare cosi perfettamente una storia totale: i fatti politici, economici, militari, i costumi, le leggende, le favole, il folclore, la geografia, i monumenti si equilibrano in quest?opera che respira l?immensita e la liberta degli spazi aperti. la mente di erodoto e complessa, molteplice, intrecciata, polimorfa. quando egli insinua un tema dentro l?altro, e poi ancora un altro, e poi un altro ancora, quando procede a inserti e parentesi successive e scatole cinesi, come a mimare "l?infinito labirinto di concatenazioni" nel quale consiste l?universo, - noi pensiamo ai lontanissimi intarsi, alle ramificazioni di henry james. ma poi, se egli vuole, riesce a sembrarci semplicissimo: candido come un barbaro o un bambino. molto spesso fatichiamo a capire cosa pensi e quale sia il suo punto di vista.

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