la prosa di landolfi, lascia intravedere in filigrana un`ambizione poetica dirompente ma al tempo stesso messa a tacere, forse per l`oscuro timore evocato in un racconto del 1937, "night must fall" - che a lasciarsi andare "ne sarebbe venuto fuori qualcosa di troppo bello ... e allora tutto sarebbe finito e riprecipitato in una voragine senza fondo ". ancorche` non esercitata, tuttavia, quella "divina facolta`" non poteva che riaffiorare: non a caso, fra gli anni cinquanta e gli anni sessanta, mentre si accentua il suo sdegnoso isolamento, landolfi abbandona ogni progetto di romanzo per dedicarsi a una scrittura diaristica, e dunque `innocente`, che prepara il ritorno alla poesia. "la prosa m`opprime: non la parola che dirime, mi giova, ma l`avventurosa prova del verso gettato al vento" leggiamo in "viola di morte", diario in versi apparso nel 1972, dove landolfi ci mostra quel volto che sempre aveva velato "in modo quasi ossessivo, come se fosse dominato da un puro istinto di sopravvivenza che lo costringa a ripetere continuamente il suo nome" (citati). ed e` il volto lunare e tenebroso, talora deformato dal rancore, di chi, murato in "queste aride sedi di terrore e d`angoscia", non conosce che la "soverchiante fatica della vita vissuta", il dileguarsi dell`amore e il dilagare della morte - castigo terribile di un dio livido e iniquo. |