
i brevi racconti che compongono la casa di claudine sono bagliori d`oro della memoria. se il titolo richiama il celebre ciclo di romanzi della serie claudine, qui la monella in grembiulino e` solo un pretesto d`autore: per ribadire, a vent`anni di distanza, che claudine e` creatura sua. ma oggi la protagonista e` colette bambina, racconto della felicita` e della meraviglia d`infanzia, e con lei la famiglia di esseri originali dominata dalla madre sido, il padre capitano, i fratelli achille e le`o, gli animali di questa "vecchia casa natale" nel villaggio di borgogna, gli abitanti di saint sauveur. "il bisogno veemente di toccare, vive, pellicce o foglie, piume tiepide, la commovente umidita` dei fiori": eccola, tutta qui, la grazia di colette. la maison mette in scena i miti del cuore.

intrigante, esagitata, acutissima, dorothy parker (1893-1967) e` stata l`autentica protagonista dei "roaring twenties". comincio` su "vanity fair", fu la firma piu` sprezzante e temuta del "new yorker", il suo humour nero, eleganza barricata nel cinismo, non risparmiava nessuno. fece moda, fece scuola, dorothy parker, "dot" per tutti: la prima raccolta di versi, enough rope, supero` le 47mila copie vendute. scrisse per hollywood, ottenendo due candidature all`oscar; in un film di culto di qualche anno fa, ragazze interrotte, angelina jolie recita una delle poesie di culto di "dot": "i rasoi fanno male; i fiumi sono freddi/ l`acido lascia tracce; le droghe danno i crampi/ le pistole sono illegali; i cappi cedono/ il gas ha un odore nauseabondo. tanto vale vivere". fu un`icona. scontrosa.

come si sa, piero chiara, tra i grandi narratori italiani del novecento, fu "casanovista per amore della ricerca e per simpatia verso quell?altezzoso e qualche volta difficile personaggio che fu il casanova". riteneva il fantomatico viveur veneziano, autentico alchimista del verbo, "uno straordinario narratore, il piu importante del settecento europeo", capace di dotare di sfrenato estro i suoi scritti. dagli anni sessanta, chiara miro a raccogliere le poesie del sommo seduttore, che costituivano l?altra parte - remota, esoterica, dionisiaca - della sua avventurosa autobiografi a. le poesie in italiano, in veneziano e in francese, per lo piu occasionali, brulicano d?ingegno, dardeggiano di baci, sono, in effetti, il sigillo di una poetica della gioia, esprimono il gusto del vivere incomparabile. e il libro perfetto per chi vuole lasciarsi conquistare dal casanova poeta, che seduce con la ricchezza della lingua e con la sua personalita, sorprendente e di grande attualita.

uni` la tragedia greca al reportage di cronaca nera, il mito di edipo all`"hard boiled". alla sua morte, nel 1987, il "new york times" ne ricordo` "lo stile disadorno e violento, che fece scandalo, a tal punto che i suoi libri furono banditi da molte biblioteche". erskine caldwell, tra i rari lari della letteratura americana, esordi` nel 1929 con "il bastardo": romanzo brutale, e di brutale bellezza, racconta le animalesche peripezie di gene morgan, vagabondo, figlio di una prostituta, ostaggio di un mondo stravolto. ritirato dal commercio, "il bastardo" dimostro`, nei decenni, l`autorevolezza di un libro-pioniere. dalle cupe invenzioni di caldwell provengono, per sinistra filiazione, i primi romanzi di cormac mccarthy, i film piu` duri di john huston ("citta` amara", ad esempio), i fantasmagorici orrori di david lynch. dicono fosse esagerato, esagitato nel disintegrare le ipocrite convenzioni del suo (e del nostro) tempo. il grande scrittore, d`altronde, fa cosi`: da` fuoco alla casa in cui dimora; vive di offerta e di spoliazione.

nonostante vari tentativi accademici, anche recenti, nessuno e` ancora riuscito a installare lev sestov nella beata schiera dei filosofi del novecento, comodamente assiso tra heidegger e husserl, wittgenstein e bergson. nato a kiev, fuggito dalle maglie del sistema sovietico, studioso di pascal e plotino, sestov aveva il viso di un uomo buono, in perenne stato d`estasi. i suoi libri, tuttavia, sfuggono agli argini del "canone". sono libri che ardono, sanguinano. con l`arguzia di uno stratega, sestov ci obbliga a incenerire le nostre pie convinzioni, ci porta a credere nel miracolo in vece della statistica, disinnesca l`opera dei paladini del quieto vivere, dei burocrati del bene sociale. insegna l`azzardo, procede per vertigini, dice cio` che non deve essere detto. la sua "filosofia della tragedia", compiuta con passo marziale, e` un cerimoniale che fa a pezzi la filosofia. d`altronde i maestri di sestov - dostoevskij e nietzsche - insegnano ad abitare la contraddizione. l`esito, se si e` lettori autentici, e` la follia, una vita tra i sacri paramenti dell`"anormalita`". preparatevi ad annientare tutto.

il racconto piu` noto di franz kafka parla di un uomo mutato in insetto; i suoi frammenti, di esoterico esotismo, crepitano di cornacchie e di giraffe, di leopardi pari ad alti prelati, di simboliche belve. il viso di kafka - consustanziale alla propria opera - nelle diverse fotografie di cui disponiamo, e`, di volta in volta, il muso di un felino e quello di un cobra, ha il genio del rapace e la profondita` del lupo. poco prima di morire pareva una farfalla. questo ciclo di racconti - i cui protagonisti sono talpe e topi, sciacalli e cani - sarebbero ascritti, dai critici complici della norma letteraria, all`ambito dell`assurdo. non e` cosi`. kafka scriveva parabole: ogni frase reca lo stigma della sapienza e va sollevata come un sasso. tutto tende alla ricerca dell`innocenza - per questo kafka ci prende sempre alla sprovvista, ci assale: conosce l`arte magnetica della predazione. "era impossibile sondare le segrete della sua anima" dice di kafka un giovane amico, jiri` langer. da ragazzo, aveva voltato le spalle al mondo abitando tra i chassidim, i misteriosi mistici ebrei. di lui pubblichiamo, in appendice, una silloge di poesie. il libro perfetto per chi ama i "classici" in nuova traduzione e percorre l`audacia della sapienza, indagando se stesso tramite la piu` efficace delle lame: la letteratura.

questo libro e` una camera dei segreti. segreto - o "secretato" - era l`epistolario: un fascio di lettere, fitte di lame, di omissioni e di amori, scoperto avventurosamente da dario biagi. segreto e` l`amore per lo stesso uomo condiviso dalle amiche, stigmatizzate da una medesima mania d`artista: scrivere fino al turbamento, amare fino allo stremo. in questa sorta di romanzo epistolare, di iniziazione alla scrittura e dunque alla vita, anna maria ortese giganteggia, mostra un volto inedito. il suo carisma, a tratti, ustiona; le sue frasi, spesso apodittiche, severe, come i mosaici di bisanzio, intagliano una ruvida poetica dell`esistere: "solo il mare dura. una persona, e il niente, sono una cosa. conta la storia di tutte le persone: l`umano. l`umano non puo` mai tradirti". piena di trame, di comuni dolori e sfrenate promesse, l`amicizia tra la ortese ed helle e`, in fondo, un arcano portale d`accesso alla grande letteratura italiana.

piu` di tutti gli scrittori del novecento, andre` malraux ha incarnato la sintesi di arte e storia, ha ideato una "poetica del potere". bello, scaltro, audace, autore di romanzi "di culto" (la condizione umana su tutti), malraux sognava di diventare lawrence d`arabia: da ragazzo rubava bassorilievi dai templi cambogiani, aureolati dalla foresta; da adulto si impegno` nella guerra civile spagnola, guidando una flotta aerea; nella seconda guerra mondiale lotto` tra i resistenti. per un decennio, al fianco di de gaulle, fu il ministro plenipotenziario della cultura francese, fautore di una politica "imperiale", grazie anche all`amicizia con i grandi artisti dell`epoca, da matisse a picasso. i suoi discorsi, nei ranghi di una retorica all`eccesso, all`assalto, ricostruiscono il profilo di un uomo enigmatico, di una vita inimitabile. quali "valori" hanno ancora da difendere gli occidentali?, si domanda malraux nel 1952. quelli dell`arte, "espressione della liberta` piu` profonda", scrive lo scrittore. un`arte, pero`, ne` supina ne` salottiera, che "non e` sottomissione, ma conquista". resto` sempre nell`ebbrezza, nell`orda della battaglia.

inizia e muore nel tradimento questo libro di fiamme e di onnipossenti cieli, fatto - si direbbe - per consolare mozzando la lingua. e un libro pieno di idolatri, di anatemi, di massacri; il premio offerto e` raro ("io mi adopero per ravvivare il cuore degli ultimi e per ridare speranza a chi e` nel pianto") ma salvifico: va custodito in questi tempi cattivi, con la cataratta. isaia, formulario d`urla e rotolo iniziatico, come si sa, innesca l`ordigno sconvolgente che porta a gesu`: "la fanciulla appena divenuta donna concepira` e partorira` un figlio che chiamera` emmanuele". secondo guido ceronetti, biblista eversivo, isaia "e` un punto di sospensione nel respiro del destino umano". scevra di esoterismi col suv e di gnosi a` la carte, la traduzione di gian ruggero manzoni conferisce al profeta una lingua che dissotterra gli arcani e disintegra i tabu`. al contempo, riconosciamo in isaia il precursore di dante, di william blake, di rimbaud, rivediamo - in questa versione di brutale veemenza e di inattesa tenerezza - i film di andrej tarkovskij e i "miti di cthulhu" di lovecraft. qui tutto e` cannibale, tutto e` innocente. tramite il lavacro sacrificale (da leggere e rileggere il capitolo 53: "si era erranti come pecore; ognuno di noi, sbrancato, seguiva una sua via, e l`eterno ha proiettato su di lui le nostre perversioni") il traditore rientra nella fede, al tradimento segue l`amore.

lev tolstoj voleva diventare siddharta. il grande romanziere era ossessionato dalla morte, dal dolore, dal male acquartierato nel cuore di ogni uomo. sconvolto da crisi cruciali, tolstoj conosceva gli abissi della depressione e l`estro delle scelte eroiche; divento` un maestro di vita: fondo` la propria filosofia (il "tolstoismo"), fu scomunicato dalla chiesa ortodossa per le sue prese di posizione contro il potere ecclesiastico, teorizzo` l`obiezione di coscienza, l`estremismo pacifista, la resistenza nonviolenta. affascinato dal pensiero orientale, diversi anni prima di hermann hesse scrisse un racconto sulla vita di siddharta, il buddha, in cui riconosceva, in fondo, se` stesso.

sulle questioni poetiche george orwell aveva le idee chiare. prediligeva thomas hardy e rupert brooke; al t.s. eliot dei "quattro quartetti", un vate troppo pomposo, anteponeva quello delle rime giovanili; detestava, con gioviale cinismo, wystan h. auden ("e` un kipling senza fegato") e stephen spender. d`altronde, in uno scritto del 1946, "why i write", orwell confessava di avere esordito come poeta: "scrissi la prima poesia all`eta` di quattro o cinque anni, dettandola a mia madre" era un plagio di william blake. da ragazzo, lo affascinarono le ballate di robin hood e il "paradiso perduto" di milton. tutti i grandi scrittori del novecento, in effetti, pensiamo a james joyce, a william faulkner, a ernest hemingway, sono poeti messi all`angolo, lirici mancati per un attimo. orwell pratico` la poesia con talento anomalo, sporadicamente, per tutta la vita: il suo modello e` un jonathan swift vissuto nell`era atomica. spesso i versi hanno un`arguzia dolente, da aspide ("sono il verme che mai divenne / farfalla, l`eunuco senza harem / [...] non ero nato per un`eta` come questa"). nell`oggi profetizzato da orwell, dove la scrittura esiste per annacquare gli spiriti, per celebrare, magari con provocazioni ad hoc, lo status quo, la poesia e` la sola arma per abbattere il grande fratello.

arthur rimbaud e` un enigma. il ragazzo "dal volto perfettamente ovale d`angelo in esilio" - cosi` lo descriveva paul verlaine - inventa quasi dal nulla, con screanzata precocita`, la poesia moderna, per sempre giovane, contemporanea a dio. poi, un giorno del 1873, il poeta-bambino decide di dimenticare le copie del suo capolavoro, "una stagione all`inferno", presso la tipografia m.-j. poot di bruxelles, inaugurando un vagabondaggio infinito che lo portera` a girare mezzo mondo e ad approdare in africa, dove si stabilira`, tra aden e harar. nelle fotografie il suo viso e` irriconoscibile: rimbaud commercia, tenta di vendere armi a re menelik, deflagra nella noia. il poeta che non scrivera` piu` ha sconfitto la poesia o l`ha misteriosamente realizzata? in molti hanno cercato di svelare rimbaud, il poeta leonino che si tramuto` in sfinge: pierre michon, tra i grandi scrittori francesi di oggi, si libra al di sopra del labirinto critico, scrivendo una biografia criptica ed elusiva, che innalza morgane, promette e sfida. d`altronde, rimbaud non va interpretato - devi inseguirlo.

inclassificabile, indomita, tragica, ha finito per inghiottirne l`opera. erede di una ricchissima famiglia di imprenditori navali, nancy cunard ha tenuto sotto scacco il secolo. amata da louis aragon e aldous huxley, temuta da t.s. eliot e w.h. auden, nancy adorava sottomettere gli intellettuali dell`epoca. fu antifascista, anarchica, un`esteta della difesa dei diritti civili dei neri (un noto musicista jazz afroamericano fu, tra l`altro, il suo piu` acceso amante). a differenza di molti, la cunard tutto amo` e tutto soffri`. con la sua casa editrice, raffinatissima, la hours press, pubblico` i primi lavori di samuel beckett. superba, fu eternata da man ray in fotografie di imperiale bellezza: impose la moda "barbarica" amava i monili africani, i bracciali, ma vestiva da maschio, all`occorrenza. ezra pound la stimolo` a perfezionare la scrittura: parallax (pubblicato nel 1925 dalla casa editrice di virginia woolf) e` tra i grandi poemi del secolo, micidiale controcanto alla terra desolata dell`amico eliot. canto` il turbamento, la gioia, la solitudine. "sfrenata sono stata, e sciocca, e impavida, / e ho amato a piene mani", scrive. ci vuole coraggio.

secondo julio cortazar, molto semplicemente, non si puo` essere scrittori senza leggere a fondo horacio quiroga. nel 1925, tra l`altro, quiroga compilo` un manuale del perfetto scrittore di racconti in cui, tra diverse cose, scrisse: "racconta come se la narrazione non avesse interesse che per il circoscritto ambiente dei tuoi personaggi, uno dei quali avresti potuto essere tu". insegnava il raffinato disinteresse verso il giudizio degli altri - amici o nemici che fossero - e una miliare concentrazione nell`opera. nato in uruguay, cresciuto a buenos aires, quiroga aveva la barba fitta e un`eleganza innata. preferi` vivere a misiones, in mezzo alla giungla: lo descrivono come un uomo rude, arrabbiato, un amante selvaggio. i suoi racconti di belve, di tigri, serpenti e fiumi imbizzarriti sono indimenticabili. alcuni videro in lui un discepolo di rudyard kipling, un cugino di jack london: in realta`, quiroga ha un cuore piu` cupo, una piu` austera profondita`. racconta l`uomo immerso nel rischio, al cospetto della propria bestia interiore. sapeva costruire canoe.

secondo yves bonnefoy, l`austero, evanescente, inafferrabile paul vale`ry e` "il vero poeta maledetto del nostro tempo... condannato alle idee, alle parole". come si lega questa sconcertante definizione - poe`te maudit - al genio francese piu` rappresentativo del secolo, a dire di charles de gaulle, al raffinato professore di "poetica" al colle`ge de france, all`elegante intellettuale che ha dato vita a un`opera d`acciaio, sotto il segno di cartesio e leonardo da vinci, e che si premurava di dire, al cospetto dei suoi testi, che "non c`e` un vero senso... e nemmeno un`autorita` dell`autore"? la traduzione di due testi miliari di vale`ry - monsiuer teste e il cimitero marino, poemetto di olimpica e sigillata bellezza - permette a franco rella di sprofondare nel sacrario del poeta francese, rivelandone il sortilegio. non si risorge indenni dopo aver letto vale`ry; d`altronde, avverte monsieur teste, "bisogna entrare in se stessi armati fino ai denti". nascondiamo nel nostro intimo mostri di cui non supponiamo l`esistenza.

tutto il creato, tutto l`uomo - perfino tu - e` riassunto nel rotolo dell`apocalisse, che sigilla il testo sacro, la bibbia, facendolo esplodere, conferendogli infinita profondita`. l`apocalisse e` il libro della rivelazione e della violenza - dacche` il divino si esperisce nel sangue -; e` il libro del riscatto e della grande vendetta; e` il libro dell`armaghedo`n, della fine del mondo, e del mondo nuovo. libro che va sussurrato con riverenza, inclinando la gola al canto, l`apocalisse, soprattutto, e` poema e peana, poesia che si fa incendio: alcune figure - l`agnus dei e il drago, la "donna vestita di sole" e "babilonia la grande, madre di puttane", i cavalieri su destrieri letali, gli scorpioni, le cavallette con "facce di uomini" - ricorrono nei versi della grande lirica occidentale, da dante a eugenio montale, da william blake a friedrich holderlin e rimbaud, e nel cinema di ingmar bergman e andrej tarkovskij. la versione poetica del libro piu` conturbante del canone biblico, ad opera di giancarlo pontiggia, tra i piu` potenti poeti italiani di oggi, rende aureo l`enigma, pone pionieri d`oro nel magma d`abisso. "io vengo tra poco", intima dio. l`apocalisse e` dunque una preparazione marziale, un`unzione - la gioia sconfina nell`ebbrezza, il lavacro nell`ordalia.

profondo conoscitore dell`animo umano, stratega della vendetta, abile nell`intonare la chiacchiera alla rabbia, geniale voltagabbana, esegeta dell`eros, nel 1783 pierre choderlos de laclos scrive il pamphlet de l`e`ducation des femmes. il testo e` una sorta di brillante, viziato controcanto a le relazioni pericolose, il romanzo "perverso" pubblicato da laclos l`anno prima. le donne, scrive laclos, educate al servaggio, alla pia obbedienza, devono liberarsi da ogni morale conclamata, dalle mille gabbie delle convenzioni civili. "la natura crea esseri liberi; la societa` evoca tiranni e schiavi; ogni societa` presuppone un contratto, ogni contratto il rispetto di un obbligo", scrive laclos. se e` vero che sulla donna grava la maledizione di essere tale, occorre scatenarla, liberando dal giogo del pudore il corpo, assegnando alta sovranita` alla bellezza. il raffinato femminismo e` calibrato, in laclos, da una scrittura limpida, piena di serpi, propria di chi riconosce lo stigma dell`ipocrisia dietro ogni morale, il cupo frastuono della menzogna alla foce delle "buone maniere".

in un`isola lontana, al cospetto del re dei jinn, gli animali intentano un processo agli uomini, che pensano di avere il diritto di schiavizzarli. la presunta superiorita` dell`uomo e` messa in crisi in questa favola, spiazzante, esotica e ricca di sensi esoterici, redatta dai "fratelli della purezza", societa` segreta ismailita sviluppatasi tra viii e x secolo, con sede a bassora. l`ascesi passa attraverso la conoscenza della natura e degli animali: la responsabilita` verso il creato non ammette presunzione ne` protervia. il signifi cato della favola - diamante narrativo comparabile alle mille e una notte - ha eminenza mistica: "si tratta di condurre l`adepto a vivere a somiglianza della divinita`" (henry corbin).

l`opera traccia la storia dei tarocchi quale summa delle scienze ermetiche. una macchina filosofi ca che poco ha a che vedere con il comune mazzo di carte. uspenskij, filosofo ed esoterista, analizza il tema con uno spessore culturale e una ricchezza straordinari. la seconda sezione del volume e` dedicata ai 22 arcani maggiori, carta per carta, analisi compiuta con la fusione magica di conoscenza esoterica e poesia. il volume e` illustrato con i 22 arcani maggiori rider-waite. la traduzione e` stata curata da stefano piantini, che firma il breve saggio introduttivo, sulla base delle due versioni del testo, rispettivamente la prima stesura del 1911 e la seconda stesura ampliata del 1929. e il libro perfetto per conoscere i significati del mazzo di carte noto con il nome di tarocchi. per comprendere l`interpretazione delle carte piu` importanti, gli arcani maggiori. testo essenziale, oltre le letture superficiali che ruotano attorno al mondo dell`esoterismo.

la ragazza che a casa del "filosofo lev sestov, un don chisciotte dell`esplorazione metafi sica" e` seduta sul divano, "immobile, ma con infinita grazia raccolta nella sua stessa immobilita`" (cosi` secondo daniel hale`vy, storico, amico di charles pe`guy e di marcel proust), si chiama rachel bespaloff, e` nata in bulgaria, ha studiato a ginevra, si e` trasferita a parigi qualche anno prima, e` il 1925. gli incontri con sestov risvegliano il genio filosofico della giovane donna, che osa opporsi a edmund husserl e legge, con particolare talento, heidegger. "audace architetto, heidegger osa costruire il suo universo fondandolo sull`angoscia; ma sestov, profeta e mistico, usa l`angoscia come dinamite per far saltare il mondo che abbiamo edificato", scrive a benjamin fondane, pensatore e poeta dai toni radicali, cruenti agli occhi di chi vuole conciliare necessita` e ribellione, il ragionevole e il reprobo. proprio il carteggio con sestov e fondane, ricco di vertigini filosofi che, ci permette di ricostruire le origini del pensiero della bespaloff, intellettuale in lotta, alla ricerca vorace del vero, riconosciuta, insieme simone weil e hannah arendt, tra le figure ineluttabili del pensiero europeo. e il libro perfetto per chi ama i pensieri forti, non concilianti, e vuole scoprire la figura di una donna pensatrice sorprendente, indomabile.

capace di auscultare le piu` remote risonanze dell`animo umano, sainte-beuve eccelle nel cammeo, nel sagace abbozzo biografico, nell`arte, delicatissima, del ritratto. i suoi portraits sono, in effetti, il suo capolavoro; il profilo dedicato a giacomo leopardi, pubblicato nel 1844, testimonia una sintonia singolare, non priva di audacia. l`intervento di sainte-beuve, in effetti, "senza alcun dubbio il piu` autorevole e il piu` importante", che "contiene giudizi destinati a rimanere insuperati" (mario andrea rigoni), tratteggia un leopardi gia` leggendario e indomabile, installandolo tra i grandi poeti di ogni tempo. di leopardi si esalta il rigore erudito, la ribellione dai canoni stabiliti in un`era - gia` allora - di gregari, la tempra da "petrarca incredulo e ateo", la gloria e la miseria. poeta nato "per essere un antico, un uomo della grecia eroica o della libera roma", fuori tempo e fuori classe, il leopardi secondo sainte-beuve ci parla con sconcertante prossimita`: sembra seduto nella stanza accanto, basta bussare la porta.

il volume raccoglie, per la prima volta, due rari testi di edmondo de amicis sul tema della fisiognomica: il breve saggio le osservazioni psicologiche sulle espressioni del viso, uscito in due puntate sulla "gazzetta letteraria" di torino nel 1881, e l`articolo la faccia, pubblicato sull`"illustrazione italiana" nel 1907. due testi molto curiosi che rivelano il "volto" nascosto di un grande scrittore.

il sordido sistema della produzione editoriale in serie, che fa leva sulla vanita` e sull`ingordigia dei cretini, la burocratica indecenza dei premi letterari e` stata svelata con crudele eleganza da julien gracq in un saggio micidiale, che fece epoca e non lascia scampo, la litte`rature a` l`estomac (1950), qui proposto in nuova traduzione. ritenuto "l`ultimo dei classici" francesi, autore di un`opera pionieristica che conta capolavori come nel castello di argol e la riva delle sirti, gracq stigmatizza l`ansia esibizionistica degli scrittori contemporanei, la malizia degli editori che rincorrono il "caso", accecati dai bilanci e dalle statistiche, la generica stupidita` dei lettori. fedele alla propria poetica, gracq pubblico` sempre con il piccolo editore jose` corti; quando lo onorarono con il premio goncourt, preferi` rifi utare. non aspettava altro.

improvvisamente, walt whitman divento` un mito, l`omero americano, il simbolo vivente della poesia. la sua casa, in mickle street, a camden, fu meta di pellegrinaggi: vi accorrevano discepoli, curiosi, giornalisti, poeti. facendogli visita nel 1882, oscar wilde e` perentorio: "e l`uomo piu` umile e piu` potente che abbia mai incontrato in tutta la mia vita. eccentrico? non lo e`. impossibile giudicare i grandi uomini con il metro delle banali convenzioni". austero, audace, colmo di una saggezza anticonformista, nelle interviste - qui raccolte per la prima volta in italia - whitman testimonia la propria poetica, i gusti letterari, le preferenze in campo elettorale. per lignaggio, e` l`autentico padre della letteratura americana.

bereshit, "in principio": da quella parola nasce il piu` grande racconto mai narrato. formula che dissigilla la fiaba, testo sacro che va letto e compreso, anche come un infinito poema recitato attorno al fuoco, il libro della genesi racconta la storia di adamo e di caino, dell`eden e della caduta, di abramo che accetto` di sacrificare il figlio e di giuseppe, il ragazzo che sapeva leggere i sogni, venduto dai fratelli e asceso ad alti incarichi in egitto. genesi narra la creazione del mondo, l`inizio del tempo, la gloria dell`uomo, la sua vergogna; lo sterminio, il tradimento, il perdono. il prodigio narrativo e l`incanto esoterico di genesi risuonano, come mai prima, nella versione di gian ruggero manzoni, scrittore, artista, che ha una consuetudine nello studio di antiche civilta`. e un libro per chi vuole leggere la piu` grande storia mai raccontata. chi ha difficolta` ad avvicinare la bibbia, ne scoprira` la bellezza narrativa: sara` come leggere uno straordinario romanzo.

febbraio 1922: improvvisamente, d`assalto, la poesia occidentale si compie. nel maniero di muzot, in svizzera, nell`arco di venti giorni, rainer maria rilke, scrive i sonetti a orfeo e risolve le elegie duinesi, a cui lavorava da dieci anni. sembra una rivelazione, l`attimo perfetto, incuneato come una perla nell`anno memorabile: nel `22 vengono ideati alcuni capolavori senza tempo - l`ulisse di joyce, la terra desolata di t.s. eliot, il castello di kafka -, muore marcel proust. rilke, l`autentico asceta dell`arte, aveva preparato con dedizione quel momento: nel 1919 si congeda dalla figlia, dagli amici, dal tempo; dal 1921 sale a muzot, donatogli da un ammiratore, werner reinhart. le lettere, qui in una selezione curata da franco rella, sono il modo con cui il poeta comunica con il mondo, costituiscono uno degli epistolari piu` vertiginosi della storia della letteratura. e un libro per chi ama gli epistolari mozzafiato e ha un animo lirico, un libro che insegna a vivere poeticamente, in obbedienza al proprio destino.

non si esce indenni da fedor dostoevskij: il grande romanziere russo scrive per tormentarci, mostra cio` che non vogliamo vedere, ci pone tra estasi e scandalo. ci mette con le spalle al muro. "chi vuole avvicinarsi a dostoevskij deve compiere tutta una serie di exercitia spiritualia, e deve vivere ore, giorni, anni in un`atmosfere di evidenze contraddittorie", ha scritto lev sestov. semplicemente, dostoevskij ha costruito il nostro presente, e` una torcia gettata tra le fauci del futuro. critico letterario emigrato in australia, dmitrij grisin (1908-1975) ha dedicato la vita allo studio di dostoevskij. il suo piccolo capolavoro e` questo repertorio tematico di aforismi e pensieri, affilati come lame, estratti dall`opera di dostoevskij, romanzi, lettere, diari. utile per compiere un ingresso senza paracadute, a precipizio, nei romanzi di dostoevskij, questo e`, soprattutto, un manuale di lotta contro il proprio tempo, una sfida alle storture della modernita`, alle strutture del potere, alle convenzioni filosofiche. dall`europa alla russia, dal nichilismo alla religione all`arte, le ossessioni di dostoevskij sono distillate in questo libro al veleno.

la filosofia indiana spiegata da uno dei pensatori piu` inafferrabili e audaci del secolo scorso. cosi` emil cioran descrive il genio di benjamin fondane: "non ha fatto nulla per sfuggire il disastro, che misteriosamente lo attraeva. tutti sapevano che benjamin fondane era qualcuno, uno spirito avvincente, maestro nell`arte di animare le idee. era piu` di un filosofo: piu` profondo, piu` sensibile, nel suo intimo era al di la` della filosofia. davvero, se ci sono persone nobili in questo mondo... beh, lui faceva parte di questa categoria di uomini che superano se stessi". il saggio alle soglie dell`india e` pubblicato nel 1941 su un numero speciale della rivista "cahiers du sud", consacrata a investigare il pensiero indiano. il libro e` arricchito da una presentazione a firma del custode dell`opera di fondane in francia, michel carassou ed e` tradotto dal massimo conoscitore in italia del filosofo, luca orlandini. fautore di un pensiero magmatico, appropriato alla contraddizione, fondane insegna: "malgrado le apparenze contrarie, e` la nostra filosofia, e non quella indiana, che forse avrebbe dovuto essere scritta in sanscrito".

seduttore selvaggio, a venezia lord byron colleziono` conquiste: mariana segati, margherita cogni, la "sibilla della tempesta"... le donne, letteralmente, venivano alle mani per averlo: a venezia conosce teresa gamba - ovviamente bellissima, ovviamente maritata - e va in estro per "la casta moglie di un fornaio... con grandi occhi neri e un bel viso da grazioso demonio". spesso si tratta di avventure di un giorno, bagliori sul dorso di un`esistenza in corsa. le lettere veneziane, piene di morgane e di menzogne, di meraviglie narrative e di meravigliose cattiverie, sono il testamento di un poeta che prende la vita a morsi, un inno alla carna, al genio di cio` che e` evanescente.

il diario del viaggio che, nel 1927, andre` gide fece in congo: "la sua africa". una rappresentativa descrizione dell`africa di quegli anni: quando partire era un`avventura non certo dal punto di vista turistico, ma un`avventura di vita.

ezra pound (1885-1972) e` uno dei massimi poeti del `900, autore di un poema immenso: i cantos. trascorse molta parte della sua vita in italia, soprattutto a rapallo. nel 1945 fu arrestato dall`fbi con l`accusa di collaborazionismo con il fascismo. fu internato per 13 anni all`ospedale psichiatrico criminale "st. elizabeths" a washington. fu liberato nel `58 e torno` in italia, dove mori` nel 1972. il volume raccoglie le principali interviste rilasciate da pound alla stampa italiana dagli anni venti agli anni settanta del `900. ne esce un ritratto inedito del poeta americano, attraverso giudizi, ricordi e riflessioni fulminati sull`italia tra le due guerre, i rapporti con il fascismo, l`instancabile lavoro ai cantos, gli amici scrittori, il pensiero economico, la vecchiaia, la letteratura.

la raccolta di versi di uno dei piu` grandi scrittori del novecento, l`autore della trilogia "i sonnambuli" e del romanzo epocale "la morte di virgilio" nel 1945, a new york, hermann broch pubblica uno dei romanzi capitali del secolo, di sempre, la morte di virgilio. l`irruzione onirica - nel 1931 broch aveva terminato la trilogia "i sonnambuli" - e l`irrompere di tutti i generi, un`autentica esplosione etica, rende quel libro inclassificabile: alcune parti, in effetti, non sono piu` prosa ma monologo in versi, poesia. di "sostanza poetica della morte di virgilio" parlo`, per altro, ladislao mittner, introducendo la versione italiana del capolavoro. broch ha punteggiato la sua disciplina letteraria di poesie: dal 1913 alla morte. si tratta di versi occasionali, sagaci, rapaci, spesso abissali, che costituiscono un canzoniere sorprendente.

una inedita raccolta di aforismi di emily dickinson, illuminano le profondita` dell`animo umano e comunicano le gioie e i dolori dell`amore e della vita.

che rapporto deve avere un artista con il potere? che ruolo deve interpretare uno scrittore quando il suo paese e` governato da un regime? julio cortazar, il grande scrittore argentino, aveva le idee chiare: un artista non puo` resistere a un regime avverso, che impedisce l`attivita` intellettuale; deve preferire l`esilio. per la prima volta in assoluto vengono raccolte e pubblicate le carte della polemica che julio cortazar ha intrattenuto con liliana heker, giovane scrittrice di talento, dal 1978 ai primi anni `80. la heker aveva scelto di resistere, di scrivere, durante gli anni della dittatura militare argentina. la pubblicazione delle lettere finora inedite di julio cortazar ad abelardo castillo consente di ricostruire un`epoca e i rapporti tra due generazioni che hanno fatto grande la letteratura sudamericana.