
maestro del racconto realistico ma anche visionario frequentatore del fantastico, erede della grande tradizione della narrativa sociale svedese e insieme originale ammiratore di kafka: stig dagerman fu tutto questo. sperimentatore e innovatore, nei suoi romanzi alterna l?adesione alla realta a una poetica dell?assurdo dove gli universi narrativi assumono forti connotazioni simboliche. e questa versatilita emerge anche nei suoi numerosi racconti, che furono in parte pubblicati in vita e in parte raccolti solo dopo la prematura morte dello scrittore. racconti tra loro assai diversi, e tuttavia in ciascuno ritornano i temi che caratterizzano nel complesso la sua scrittura: il terrore senza nome e senza apparente ragione che attanaglia il protagonista dei vagoni rossi, la topografia onirica e gli ossessivi sensi di colpa nell?uomo di milesia, ma anche il flusso di coscienza in cui - in dov?e il mio maglione islandese? - il narratore costruisce con un linguaggio duro, cattivo e disperato una versione menzognera e illusoria della propria esistenza per poi, reso confuso e inerme dall?ubriachezza, smontarla e rivelare tutta la propria infelicita, il proprio bisogno d?amore. dagerman come sperimentatore, dunque, ma il suo sperimentare non e mai fine a se stesso: e piuttosto l?incessante ricerca di mezzi espressivi che permettano di presentare in modo vivo, quasi violento, le grandi questioni dell?esperienza umana. anzitutto il senso della sofferenza e poi la costante ricerca di un amore che e allo stesso tempo indispensabile e irraggiungibile.