

romanziere, diarista, pittore, fotografo, dilettante di composizione musicale e di scienza, samuel butler era soprattutto un "bastian contrario". perche` questo gentiluomo vittoriano, rispettabile, abbastanza benestante, che si divideva equamente tra un`amante fissa di sesso femminile e giovani amici di sesso maschile, trovava la sua verita` interiore nell`opposizione. a tutto e a tutti. il piu` importante "tutto" a cui era contrario era il cristianesimo, dal cui giogo riusci` presto a liberarsi nonostante l`opposizione famigliare. i "tutti" erano soprattutto i genitori e i parenti. la sua famiglia era un baluardo dell`anglicanesimo, e butler le si oppose, pur mantenendo rapporti di convenienza per ragioni di eredita`. ma butler nella sua cocciutaggine era pure contrario a tutti quegli altri che sarebbero dovuti essere compagni di strada nelle sue battaglie; per esempio agli scienziati, ai pittori piu` ammirati, ai musicisti...

il verso di sandro penna, "come e` bello stare nel chiuso di una stanza, con la testa in vacanza, sopra un azzurro mare", puo` sembrare stravagante se riferito alla filosofia contemporanea, soprattutto se si pensa all`insistanza della filosofia recente sul primato della pratica e dell`impegno del filosofo nei confronti della realta`. la provocazione della citazione, pero`, vuole richiamare il lettore alla natura del lavoro filosofico. la filosofia e` una sorta di "matematica allargata": una disciplina teorica, interessata ai concetti, ma anche al loro rapporto con le forme di pensiero e di vita. fare filosofia significa sempre essere "altrove" con il pensiero.


basato su una ricerca archivistica, il saggio affronta l`insorgenza del 1799 collocandola nel contesto del decennio. vista in un tempo piu` lungo, essa finisce per risultare non piu`, o non solo, una reazione sanfedista all`occupazione francese, ma l`esito di una perdurante situazione di crisi economica e di un malcontento innescato gia` nel 1790 dalle riforme del granduca leopoldo. fame e fede si saldano insomma in un movimento complesso che ha anche un segno politico ma che ha altrove i suoi moventi forti.


un dissoluto ufficiale russo decide di iniziare una nuova vita facendosi inviare nel selvaggio caucaso. qui, a contatto con la natura e con gli abitanti fieri e orgogliosi, sembra trovare il senso di una nuova esistenza. un`opera poco conosciuta del grande scrittore, che reca evidenti tracce autobiografiche.


quattro pensionati - un giudice, un avvocato, un pubblico ministero e un boia - ammazzano il tempo inscenando i grandi processi della storia: a socrate, gesu`, dreyfus. ma certo e` piu` divertente quando alla sbarra finisce un imputato in carne e ossa: come alfredo traps, rappresentante di commercio, che il fato conduce un giorno alla villetta degli ex uomini di legge. la sua automobile ha avuto una panne li` vicino, ma lui non se ne rammarica, anzi: pregusta gia` il lato piccante della situazione. si ritrova invece fra i quattro vegliardi, che gli illustrano il loro passatempo. l`ospite e` spiacente: non ha commesso, ahime`, nessun delitto. come aiutarli? niente paura, lo rassicurano: "un crimine si finisce sempre per trovarlo". e se la colpa non viene alla luce, la si confeziona su misura: "bisogna confessare, che lo si voglia o no, c`e` sempre qualcosa da confessare". tra grandi abbuffate e abbondanti libagioni, il gioco si fa sempre piu` pericoloso, finche` il piazzista si avvede d`essere non gia` un tipo banale, mosso solo da meschine aspirazioni di carriera e sesso, bensi` un delinquente machiavellico, capace di usare la sua amante come un`arma infallibile contro il superiore cardiopatico.






LP. Horizon, 1985, USA. Il primo disco del sassofonista americano pubblicato per l'etichetta Horison è un lavoro registrato in California che tenta una congiunzione tra la musica occidentale e quella orientale dando vita ad un suono esotico e affascinante sospeso tra jazz e musica indiana. I Lookout Farm, il fantasioso gruppo che lo accompagna, sono John Abercrombie alle chitarre, Richie Beirach al piano, Charlie Haden e Frank Tusa al basso, Jeff Williams alla batteria, Don Alias alle percussioni, Badal Roy alla tabla e Arroj Lazewal al sitar. Copia americana sigillata.