
"la poesia di bianca dorato e` una sorta di lunga attitudine o fedelta` all`ascolto interiore. poesia di movimento, certo, perche` poesia di passi in cerca di infinito dentro un paesaggio che si disegna come uno scenario realistico, concreto, persino - in un certo senso - diaristico. se la poesia e` vita che resta impigliata in una trama di parole, la poesia che adotta il "dialetto" (lingua di poesia, in questo caso lingua piemontese) e` poesia in cui la parola continua ad essere - piu` che nell`italiano - attaccata alla sua cosa, di cui esalta il suo sogno d`identita`. li` e` la voce dell`amore, incarnata nel silenzio che l`accompagna." (giovanni tesio).



un piccolo hotel incastonato in una scogliera scoscesa, la spiaggia di ciottoli, il mare indaco: per sugi, che dopo infiniti fallimenti deve affrontare anche il disonore, e` l`approdo cercato - lo scenario ideale per morire. si e` concesso un unico, singolare lusso: tre giorni, il tempo necessario per leggere il resoconto del favoloso viaggio che nel xiii secolo guillaume de rubrouck compi` attraverso l`impero dei mongoli. nulla tranne quel libro lo tiene legato alla vita. ma l`unica altra ospite dell`albergo, la giovane nami, nel registrarsi ha indicato come motivo del suo soggiorno : forse una criptica richiesta di soccorso, o una sfida lanciata alla sorte. e fatale che fra loro nasca un silenzioso dialogo, che ha la stessa iridescenza del mare in cui entrambi hanno deciso di scomparire. e di astrali rispondenze, impercettibili cataclismi, arcane complicita`, beffarde rappresaglie scatenate dai luoghi (come l`abbagliante giardino di pietra di kyoto) sono intessuti anche gli altri due, non meno indimenticabili, racconti qui riuniti. racconti che esplorano, con la sovrana maestria che i lettori del fucile da caccia ben conoscono, quell`indecifrabile e ingannevole universo che si spalanca dietro la parola .





da un continuo scambio tra le suggestioni di una teoria generale delle forme letterarie (o poetica) e i dati concreti di una tradizionale, e spesso penetrante, analisi critica nascono i saggi di figure iii. di questa doppia anima l`autore e` ben conscio; la raccolta si apre, infatti, col breve scritto su critica e poetica, che e` una riaffermazione della pari e complementare dignita` di entrambe. ad esso fa seguito una ridiscussione dei rapporti tra poetica e storia, classico tema della possibilita` di una storia letteraria, visto da una specola non italiana (ma con risultati che suonano conferma a quelli di scuola italiana). di questa collaborazione tra poetica, nella specie narratologica, e critica, genette da` subito prova affrontando la recherche proustiana, prima sinteticamente, con un magistrale saggio sulla metonimia in proust; poi analiticamente, smontando i meccanismi narrativi dell`opera. la lezione di metodo che ne risulta ha cosi` un merito in piu`: quello di dimostrarsi, fin dalla sua formulazione, utile alla comprensione di un testo straordinariamente complesso, dal quale e` lecito estrarre conclusioni generali sui rapporti tra storia, narrazione e racconto.

anna e giovanni, lei adolescente taciturna e attonita, lui piu` piccolo e fragile, escono dal collegio per trascorrere una vacanza in famiglia nel paese sul mare dove vivono il padre e la matrigna. e` un`estate speciale: quella del 1943. l`italia, fascista ancora per poco, e` sospesa tra due guerre e divisa. ma il rombo degli aerei che passano per bombardare chissa` dove intacca appena la tranquilla cerimonia estiva: il sole che brucia la pelle, le gite in pattino, l`appuntamento quotidiano ai bagni savoia. finche` anna non decide di diventare adulta: e lo fa entrando nel gioco delle parti senza apparente emozione, spogliandosi velocemente di fronte all`ebete incredulita` di uomini giovani e vecchi.











le tartarughe, si sa, durante l`inverno devono stare in letargo, al calduccio, a dormire in attesa della primavera. e allora perche` quest`inverno rosita si e` svegliata e non riesce piu` a riprendere sonno? gli amici del bosco faranno di tutto per aiutarla a riaddormentarsi, ma alla fine, cammina cammina, la soluzione al problema verra` da se`. eta` di lettura: da 4 anni.









la scultura e` un`arte universale. e da sempre praticata da tutte le culture del mondo e risale a un lontanissimo passato. le prime pietre sagomate sopravvissute potrebbero persino precedere l`avvento del linguaggio. l`impulso a dar forma a pietra, argilla, legno e metallo e` evidentemente profondo nella nostra psiche e biologia. ed e` il motivo che collega l`interrogativo alla domanda piu` universale su cosa sia l`umanita`. la scultura non puo` essere vista esclusivamente come una ricerca estetica; e` legata all`istinto irresistibile dell`uomo a lasciare un segno nel paesaggio, di costruire, realizzare immagini, praticare una religione e sviluppare un pensiero filosofico. attingendo a esempi da tutto il mondo e di ogni epoca, da migliaia di anni avanti cristo fino all`oggi, gli autori considerano la scultura come una forma d`arte transnazionale, con un`autonoma e avvincente storia. analizzano materiali e tecniche, ma anche temi generali come lo spazio, la luce e l`oscurita`. entrambi sono convinti che la scultura sia una forma di pensiero fisico, in grado di alterare il modo in cui le persone si percepiscono. e ci invitano a guardare la scultura, e piu` in generale il mondo che ci circonda, in un modo completamente diverso.

la storia di un uomo - prima contadino, poi operaio, infine gestore di un bar-drogheria in una citta` della provincia normanna - raccontata con precisione chirurgica, senza compatimenti ne` miserabilismi, dalla figlia scrittrice. la storia di una donna che si affranca con dolorosa tenerezza dalle proprie origini e scrive dei suoi genitori alla ricerca di un ormai impossibile linguaggio comune. una scrittura tesissima, priva di cedimenti, di una raffinata semplicita` capace di rendere ogni singola parola affilata come un coltello. il posto e` un romanzo autobiografico che riesce, quasi miracolosamente, nell`intento piu` ambizioso e nobile della letteratura: quello di far assurgere l`esperienza individuale a una dimensione universale, che parla a tutti noi di tutti noi.

la terra del rimorso di ernesto de martino, un classico del pensiero contemporaneo, verte sul tarantismo, un istituto culturale d`impronta magica, diffuso nelle comunita` contadine del salento, al cui interno la musica e la danza ricoprono un ruolo d`importanza primaria. nel 1959 de martino ne fece l`oggetto di un`innovativa inchiesta etnografica, guidando un`e`quipe formata da specialisti di discipline diverse, dalla storia delle religioni all`etnomusicologia, dalla psichiatria alla sociologia. lungi dall`essere un mero fenomeno morboso, il tarantismo si configura, nella straordinaria indagine demartiniana, come un orizzonte mitico-rituale di deflusso di profondi conflitti operanti nell`inconscio, fatti risalire al morso della taranta, monstrum mitico evocato dal suono di musiche del repertorio tradizionale, che i tarantati dovevano sfidare e vincere in una vorticosa gara di danza. questa nuova edizione conferisce il massimo risalto alla ricchezza teorica di un`opera che va ben oltre l`indagine di un peculiare fenomeno di catartica musicale, mobilitando le due competenze disciplinari, storico-religiosa e antropologica, che hanno innervato il pensiero di de martino. marcello massenzio individua la tematica etico-politica alla base della scelta di studiare il tarantismo, in un confronto con l`altro grande etnologo dei suoi tempi, claude le`vi-strauss e il suo disagio o di fronte alla disgregazione delle culture indigene nel mondo postcoloniale. fabio dei analizza l`altro dialogo cruciale nella genesi dell`opera, quello tra de martino e antonio gramsci, riconducendo il progetto delle spedizioni etnografiche nel mezzogiorno all`influenza delle annotazioni gramsciane sul folklore come cultura delle classi subalterne. con il dossier fotografico di franco pinna. introduzione di marcello massenzio e fabio dei.

Decca 1994. NO MINT. Christoph von Dohnanyi dirige la Cleveland Orchestra.



due donne in fuga, due destini che non si incrociano ma che appartengono allo stesso disegno del tempo: nella russia devastata dalla rivoluzione, barbara ivanovna e zoia andre`evna fuggono alla ricerca disperata di un luogo lontano e imprecisato, dove poter sopravvivere allo sfacelo che le circonda. la prima e` una nobildonna che si muove con la figlia e che tarda perfino a prendere coscienza del dramma inesorabile che la attende; la seconda, ben piu` lucida, ha invece gia` compreso l`esilio perenne che ha davanti a se`. a tutte e due, pur cosi` diverse, la storia ha riservato la medesima tragica sorte: prima l`esilio e la morte, poi l`oblio, la cancellazione di ogni traccia del loro passaggio.