agli inizi degli anni trenta, a milano, un piccolo nucleo di artisti si dedica a una pittura chiara, impostata soprattutto sulla luce. i piu` vecchi di loro hanno poco piu` di trent`anni, e si raccolgono intorno al critico edoardo persico. nelle loro opere un nuovo rapporto fra arte e sentimento, fra arte e vita, subentra all`arte staccata dalla psicologia predicata dal ritorno all`ordine; un senso inquieto della brevita` del tempo sostituisce la ricerca di una dimensione di eternita`. nasce cosi` una pittura che comunica un senso di fragilita`, la cui leggerezza stessa e` l`emblema della vulnerabilita` di tutto cio` che esiste. definita inizialmente "romanticismo impressionista", questa pittura verra` chiamata da leonardo borgese, e poi da guido piovene, chiarismo.
"ebdo`mero non e` un personaggio, ed "ebdo`mero" non e` un romanzo; il primo e` un nome consapevole, il secondo un itinerario, un deposito di immagini, un catalogo di simboli, un collage di sogni, paesaggi, interni di abitazione, appunti di disegni, accesi, tutti, da una fosforescenza che sa di memoria, di visione, di mistificazione. la favola di ebdo`mero si estende come un labirinto proliferante, un edificio capace di riprodursi, di progettare nuove ali, quartieri, aditi ed esiti; dunque sarebbe vano cercare un inizio e una conclusione, culmini privilegiati, scoperte modali: in un edificio, uno spazio, una citta` morta e compatta, un tempio accuratamente fastosamente sconsacrato, ogni punto e` nodale, inaugura e sigilla." (giorgio manganelli)
pittore neoclassico, deputato giacobino, poi propagandista di napoleone, jacques-luois david e` stato regista piu` che testimone del proprio tempo. il ruolo dell`immagine era determinante nel periodo in cui visse, periodo in cui le masse, per la maggior parte ancora analfabete, fecero irruzione nella vita politica. david - sostiene the`vos in questo saggio - ha inaugurato i modi di diffusione su larga scala che preannunciano la cultura di massa.
pur perseguendo senza tregua nella sua fatica di sisifo in quell`atelier miserabile che era la tana da cui nemmeno il successo materiale progressivamente sopravvenuto mai lo allontano`, alberto giacometti non era comunque un taciturno. non lo sentii forse dire una volta che gli sarebbe stato indifferente essere ridotto allo stato di uomo-tronco senza braccia ne` gambe purche` lo si posasse sul caminetto dall`alto del quale avrebbe potuto continuare a discutere con gli amici nella stanza in cui si sarebbero trovati riuniti? [...] conversatore impenitente come altri sono ferventi giocatori di carte o di scacchi, giacometti non era meno portato al soliloquio come testimoniano, redatte in quella lingua francese che ben piu` dell`italiano dialettale del suo cantone originario dei grigioni va considerata la matrice del suo pensiero di uomo maturo, le note sparse in numerosi taccuini in cui le si trova gettate come per caso, senza che nulla possa far pensare a un diario che l`interessato avrebbe ritenuto utile tenere. [...] la mente costantemente desta e la mano sempre attiva, giacometti non smetteva mai di coprire di scarabocchi le cose piu` diverse che si trovavano alla sua portata: tovaglie di carta di ristoranti senza pretese, margini di libri della "se`rie noire", fino ai muri decrepiti del suo atelier. come se avesse voluto vivificar tutto con il suo segno e non soltanto produrre per l`altrui sguardo atemporale immagini a tre o a sole due dimensioni. (dallo scritto di michel leiri)
"`la pittura e` piu` forte di me, mi fa fare quello che vuole`. questa e` la frase che picasso, alla fine di un quaderno sontuosamente riempito di disegni, scriveva a grandi caratteri e datava 27 marzo 1963, come se avesse tenuto a situare esattamente nel tempo una scoperta per lui importante. inizialmente sembrerebbe che con questa trovata picasso - abituato all`umorismo - si diverta a prendere in contropiede la verita`. particolarmente fecondi, e anche ricchi di invenzioni, gli ultimissimi anni della sua produzione - una produzione di un uomo che l`eta` spinge a raddoppiare anziche` a rallentare inducono a credere che, al contrario di quello che dice, e` lui, picasso, a fare adesso quello che vuole della pittura, e che dunque, tra lei e lui, e` lui il piu` forte. ma che cosa significa "fare quello che si vuole" di un`arte? non e` forse essere cosi` abile da praticarla in tutta liberta`, senza alla fine dover mettere i pollici negli occhi a quelle opacita` che si interpongono come schermi tra quello che si e` voluto realizzare e quello che di fatto si realizza? se si giunge a infrangere tutte le resistenze che possono temporaneamente fermarvi, come non essere colti da vertigine quando, a causa di un muro che ancora si oppone, si ha si` l`opera dietro di se`, ma davanti nient`altro che un vuoto (che bisognera` affrettarsi a nascondere accingendosi a un`altra opera, che a sua volta lascera` sull`orlo del vuoto)?..." (dallo scritto di michel leiris)
