
"in giovanni bellini la resa delle emozioni non e` quella di un drammaturgo in grado di dar corpo con l`immaginazione all`intero spettro delle passioni umane; ne`, d`altra parte, egli manifesta alcun interesse per l`evento. ciascuno dei suoi dipinti rende un singolo stato emozionale; e nelle prime opere si tratta quasi sempre di sentimenti di pieta` e di amore. in tutte le versioni della madonna con il bambino la sfumatura e la varieta` del sentimento sono perfettamente chiare e quasi sempre distinte; inoltre, la ricchezza della capacita` inventiva di bellini e` dimostrata dalla perfetta armonia tra il sentimento particolare manifestato dalla madre, e la posa e l`espressione del bambino. nelle prime opere il pathos e` l`emozione dominante; e anche negli ultimi dipinti, nonostante l`amabile serenita`, fluisce nel profondo una vena dello stesso sentimento. ma il pathos delle figure non e` mai melenso o sentimentale; e` piuttosto, per come bellini lo sente, l`approdo inevitabile della loro condizione di esseri umani; e se ci sono parole in grado di definire quello che giovanni bellini piu` intimamente di ogni altro artista ha saputo esprimere, sono le seguenti, di virgilio: `sunt lachrymae rerum et mentem mortalia tangunt`."

la nativita` di filippo lippi (firenze, 1406 - spoleto, 1469) e` l`opera scelta per la settima edizione di "un capolavoro per milano", iniziativa ospitata al museo diocesano della citta`. l`opera, proveniente dal museo civico di prato, e` una delle piu` interessanti della bottega di filippo lippi, e fu realizzata presumibilmente attorno al 1456. la tavola rappresenta la sacra famiglia con san giorgio e san vincenzo ferrer e, in secondo piano, figure di angeli, pastori e musici, inseriti in uno sfondo naturalistico finemente descritto. l`opera rivela l`interesse dell`artista per un tema su cui ritorna piu` volte, dando particolare risalto, in quest`occasione, all`adorazione del bambino. in cio` si coglie il rapporto con il testo tardo trecentesco delle rivelazioni di santa brigida di svezia: la vegine e` inginocchiata davanti al bambino, avvolto in fasce e adagiato direttamente sul manto della madre, il cui delicato volto riprende le sembianze di lucrezia buti, la bellissima monaca amata da fra` filippo lippi. la presenza di san giuseppe, assorto e concentrato in preghiera, e delle eleganti figure di san giorgio e di san vincenzo ferrer, pare avvalorare una concezione nuova nell`iconografia della nativita`, in connessione anche con la predicazione domenicana dell`epoca. il volume accoglie saggi storico artistici, note biografiche e una bibliografia essenziale.

forse solo i primi grandi film in technicolor possono rendere l`idea di quella singolare commistione di realta` e finzione, di artificio e autenticita` che emerge dalla ricostruzione della breve e intensa vita di porfirio rubirosa. tra un`ambasciata e un casino`, tra un grande albergo e un hotel particulier, tra un campo di polo e una pista da cui prendere il volo con l`aereo regalatogli da barbara hutton, rubirosa vive come un prodotto della cultura di massa, restando una delle ultime incarnazioni del dandy.

il 5 settembre 1939 i tedeschi bombardano falkov, un piccolo villaggio polacco, e lo radono al suolo. per i contadini, gia` poveri, e` la fame. scopo della campagna militare in polonia e` l`appropriazione del potenziale economico polacco e il reclutamento forzato di tutta la manodopera disponibile. valerian e` uno degli oltre due milioni di polacchi deportati nel reich: 16 anni, viene mandato in una fattoria vicino a brema come bracciante agricolo. dopo pochi giorni tenta di fuggire. viene ritrovato dalla polizia e ricondotto dai suoi datori di lavoro. valerian allora escogita un piano: da` fuoco al fienile pensando che in tal modo verra` rispedito a casa per punizione. ma la punizione e` ben piu` grave: viene processato e conmdannato a morte, sebbene minorenne.

"manfred" vede l`incontro della poesia di patrizia valduga con la pittura di giovanni manfredini, un incontro che si manifesta nella materialita` del suo farsi, pagina dopo pagina, ritmo e immagine, ed e`, naturalmente, nel segno del nero, simbolo per entrambi dell`intreccio mortale e salvifico tra liberta` e costrizione, fra l`azzardo del "cosa" e il rigore del "come".

dal remoto 1969 giancarlo majorino lavora a un`opera di grande respiro, un romanzo in versi, un poema capace di assorbire e di restituire nel racconto poetico vicende e sentimenti catturati nel reale e nel vissuto di decenni. di questo progetto, ci perviene quello che e` al tempo stesso un prologo e un`anticipazione, in quanto "prossimamente" e` un testo in cui majorino coinvolge, in una composizione maturata in anni recenti e che gia` annuncia il poema, alcuni brani del poema stesso. "prossimamente" si presenta come un continuum, come un fluire debordante, in cui majorino non trova quiete in alcuna definizione formale. passa dal verso alla prosa, dal magma del recitativo a un canto pastoso o a violente percussioni.


l`ambientazione dei testi poetici di erba e` nella citta` di milano, che fa da cornice attiva, capace di suscitare sensazioni molteplici. una novita` del libro e` anche fornita dalla sua parte conclusiva, che e` una scelta di versioni da un grandissimo poeta francese, francois villon.


"nel dicembre del 1930 una voce alla radio scosse le coscienze degli italiani: `abbasso la pastasciutta!`, tuono` filippo tommaso marinetti, il fondatore del futurismo. nel 1913 con il `manifesto della cucina futurista` marinetti, assieme allo chef jules maincave, si pose l`obiettivo di rivoluzionare la gastronomia in nome della sperimentazione non convenzionale delle vivande volendo creare una cucina rallegrante, ottimista, dinamica e agilizzante. l`obiettivo dei cuochi futuristi era far dimenticare l`avido mangiatore di pastasciutta perorando l`avvento delle vivande sintetiche e la diffusione per mezzo della radio di `onde nutrienti`. i piatti e le vivande si trasformarono in tavolozze di colori, e le forchette furono abolite per favorire `degustazioni e piaceri tattili prelabiali`. il ristorante futurista taverna santopalato aveva le pareti ricoperte di lastre di alluminio e l`ambiente era intriso con acqua di colonia spruzzata da camerieri armati di vaporizzatori, mentre il rombo del motore a scoppio di un aeroplano fungeva da sottofondo musicale. chi partecipava agli aerobanchetti dell`avanguardia futurista diventava l`elemento vitale di un momento unico e sorprendente, mai vissuto prima. cosi` marinetti e i cuochi del movimento futurista dimostrarono come la cucina fosse uno spettacolare laboratorio di partecipazione attiva ed emotiva alla fusione creativa dell`arte con la vita." (guido andrea pautasso)






nel 1956, diciassette anni dopo "le occasioni", eugenio montale pubblica il terzo grande capitolo della sua opera in versi, "la bufera e altro", che ne conferma la piena, esemplare centralita` nel panorama della poesia del novecento. la "bufera" del titolo e` da riferirsi alla guerra, e dunque all`attraversamento di una tragedia storica, ma, come lo stesso autore chiari`, . e dunque il libro si caratterizza per una aperta tematica vertiginosa, che oltrepassa l`epoca stessa della sua composizione. in questo quadro straordinariamente complesso trovano spazio le figure femminili di interlocutrici privilegiate come clizia e volpe, ma anche l`ardua meditazione a ridosso delle ombre degli scomparsi, spinta fino a quella che gianfranco contini defini` . montale si muove in un ampio territorio, insieme reale e allegorico, quotidiano e apocalittico, variando i toni, passando dagli accenti piu` alti a soluzioni epigrammatiche in una lingua di piu` prosastica e meno lirica eleganza. la bufera e altro si impose subito come un nuovo capolavoro, che oggi possiamo finalmente leggere con l`ausilio di un innovativo, attesissimo commento e di importanti contributi saggistici, tra cui quello di franco fortini, che di questi testi ebbe a scrivere: .
dopo il grande esordio di "ossi di seppia", con "le occasioni" (1939) eugenio montale compiva un altro passo decisivo nel movimento della poesia novecentesca, introducendo modalita` espressive capaci di imporsi come esempio imprescindibile, quasi come una nuova grammatica della ricerca poetica. lo scrive luigi blasucci: . il poeta realizza dunque un`operazione potentemente inclusiva, e cioe` quella . eppure, e a segnalarlo e` vittorio sereni, l`eco delle sue parole lascia in noi . capolavoro della poesia mondiale, "le occasioni" e` qui accompagnato da un ampio commento di tiziana de rogatis, che ci consente di entrare nel vivo del dettaglio, di perlustrare a fondo il testo, ricavandone sempre nuove scoperte di senso, sempre piu` aperte emozioni. con un saggio di luigi blasucci e uno scritto di vittorio sereni.