Wishlist

i prodotti che vorresti acquistare

una clinica svizzera, una localita` amena, le cure asettiche di un personale altamente specializzato; qui il protagonista inizia una terapia che non riesce a sottrarlo a un`intensa curiosita` per gli altri e a un insopprimibile desiderio di vivere. l`attrazione per alcune pazienti, le discussioni con i medici, l`autoanalisi instancabile, il ricordo sempre vivo e spesso lancinante di un passato mondano nel segno di un frenetico e quasi disperato attivismo: le bianche pareti di una clinica della confederazione stentano a contenere tutte queste pulsioni. e cosi`, alla fine, il protagonista riaffermera` con forza se stesso, la sua passione-malattia di vivere.

"posso andare soltanto dove i miei appetiti musicali mi portano" cosi` igor stravinskij riassumeva il proprio percorso compositivo, "non abdichero` mai alla regola del mio orecchio". orecchio pronto a cogliere stimoli di ogni sorta, bevuti da una curiosita` sonora mai sazia e rielaborati nel sacro gioco creativo da un ingegno unico, che rivive con sorprendente immediatezza nelle conversazioni con robert craft raccolte in questo volume. prima tappa non puo` che essere san pietroburgo: tra i ricordi di famiglia, la luce e i sapori degli anni di formazione, subito riaffiorano impressioni sonore, le cadenze della bibbia paleoslava, i concerti al teatro mariinskij e le lezioni con nikolaj rimskij-korsakov. la citta` della consacrazione e` parigi, nella stagione dei balletti russi. lungo il filo della memoria di stravinskij lo seguiamo nei continui viaggi, in una girandola di incontri; da satie a picasso, da proust a d`annunzio, da matisse a puccini, da valery a segovia, fino allo sbarco a new york, nel settembre del 1939, da una nave di profughi (la stessa su cui arriva toscanini). pensa a un soggiorno di pochi mesi: rimarra` in america per piu` di trent`anni. robert craft per oltre vent`anni ha vissuto accanto a igor stravinskij (1882-1971) e alla moglie vera a hollywood e new york, accompagnando il compositore in tourne`e e dirigendo i suoi concerti. a partire dagli anni cinquanta ha raccolto e pubblicato a piu` riprese conversazioni e memorie stravinskijane.

"diario russo" e` il testamento morale di anna politkovskaja, ma anche la spiegazione implicita del suo assassinio, avvenuto il 7 ottobre 2006 e rimasto impunito. il libro ricostruisce infatti in dettaglio, su basi rigorosamente documentarie, anni cruciali della storia russa, contemporanea. rispetto alla russia di putin, questa volta la verita` sul paese non si rivela attraverso un affresco polifonico, storie convergenti che solo alla fine individuano il loro motore immobile nella figura di putin. qui la prospettiva e` rovesciata: si parte dal centro stesso del potere, documentando giorno per giorno il gioco politico che ha portato alla morte della democrazia parlamentare russa e al progressivo contrarsi della liberta` di informazione. una morte annunciata gia` nel 1999, ma divenuta palese con l`elezione pilotata della quarta duma nel dicembre 2003 e l`indebolimento del fronte democratico. l`esplosione nella metropolitana di mosca, il crollo del parco acquatico di jasenevo, l`insabbiamento dell`inchiesta sull`eccidio al teatro dubrovka, l`assassinio del presidente ceceno achmet kadyrov e l`intervista a suo figlio ramzan, le testimonianze sul sequestro di beslan, le cosiddette "azioni terroristiche di al-qaeda nel caucaso": sono solo alcune tappe di un viaggio perturbante nella storia di ieri. e la formula del diario permette di ricostruire i passaggi intermedi di avvenimenti che hanno sconvolto la russia e insieme le loro connessioni con la politica, spesso sfuggite ai media occidentali.

questo volume si presenta come una ricostruzione globale di un secolo, l`ottocento, colto nello specchio di una citta` come parigi, e indagato nei suoi elementi apparentemente marginali, quali la moda, il gioco, il collezionismo, la merce, la prostituzione, la figura del flaneur, i passages. ma il volume e` anche la rappresentazione di un sogno di cui la cultura europea ha dovuto destarsi: un risveglio che e` poi la crisi dello storicismo e delle ideologie ottocentesche, che approda in queste pagine alla sua forma piu` risolutiva e radicale.

noi moderni lettori dei vangeli siamo immensamente rozzi e limitati, se ci paragoniamo a un sacerdote ebreo o a un fedele cristiano del primo secolo. cogliamo soltanto una minuscola parte dell`infinita ricchezza di citazioni e allusioni, rinvii interni ed esterni e sensi segreti con cui veniva composto un vangelo. leggere un testo e` un`arte che abbiamo quasi dimenticato. con infinita pazienza e umilta`, pietro citati ripercorre il cammino fatto da quei primi lettori: ricostruisce la trama di rimandi e riferimenti nascosti, legge gli indizi, ricompone gli intarsi, mostrandoci come la storia, gli eventi della vita di gesu` si sono compiuti con simboli immaginati molti secoli prima. tutto il racconto evangelico - dal misterioso tema della nascita verginale di gesu` fino alle parole finali sulla croce: "mio dio, mio dio, perche` mi hai abbandonato?" - e` fittamente intrecciato con il testo dell`antico testamento, con le leggende ebraiche che formano una specie di fondale, di eco e di conferma alle verita` della nuova fede. al di la` del ricchissimo tessuto della tradizione, pero`, citati cerca con tutte le sue forze di cogliere la novita`, il respiro profondo della rivelazione cristiana. la modestia, il candore, la dolcezza di maria non trovano riscontro nei testi antichi. e nemmeno la misteriosa immagine del "bambino nella mangiatoia", uno dei segni fondamentali in cui si riconoscevano i nuovi fedeli.

C'è un qualcosa di radicale e viscerale nello svolgersi della scrittura di Omar Di Monopoli che lo rende tanto familiare quanto sinistro. Nell'ambientazione fantastica ma, con probabilità, di area salentina dal nome ben più che parlante di Languore, si intrecciano i drammi ottusi degli abitanti del luogo, un mondo di confine e riarso, la cui evocativa tristezza e sensualità è acutizzata dalla "tornita, barocca e dialettale" lingua dell'autore. Direi ottimo per quei pomeriggi estivi minacciati da un temporale, aiuta l'attesa.

con i versi di una ballata, che a stento riescono a contenere l`impeto affabulatorio, friedrich durrenmatt, come gia` nella morte della pizia, si inoltra sul terreno del mito. il suo minotauro, creatura terrifica e insieme innocente, imprigionato in un labirinto che e` un intricato gioco di specchi, si dibatte alla ricerca di una via d`uscita, in primo luogo da se stesso. e nel turbine di immagini in cui il mostro si perde, e si scopre, il mito rifulge di nuova luce.

a duecento anni dalla sua nascita, baudelaire e` il caso molto raro di uno scrittore che ha mantenuto intatta la sua forza di penetrazione intellettuale e la capacita` di scardinare ogni forma di pensiero sclerotico. dopo la folie baudelaire, che era un vasto libro non solo su baudelaire ma su tutta la parigi intorno a lui, roberto calasso ha voluto concentrarsi su cio` che costituisce la singolarita` irriducibile dello scrittore - innanzitutto il taglio della sua intelligenza e quel gusto che ha dato un`impronta definitiva a cio` che si e` poi chiamato il moderno.

chi opera in campo biomedico conosce bene la sigla hela, che denota una linea cellulare di vitale importanza nelle ricerche sul cancro e su molte altre malattie: cellule speciali, tanto resistenti da essere praticamente immortali, vendute e comprate da decenni nei laboratori di tutto il mondo. ma quelle quattro lettere racchiudono anche una storia perturbante, emblematica - e soprattutto una persona in carne e ossa. henrietta lacks lavorava nei campi di tabacco della virginia, cosi` come i suoi antenati schiavi. quando muore per un tumore, nel 1951, i medici, senza preoccuparsi di chiedere alcun consenso, prelevano un campione dei suoi tessuti e si accorgono ben presto di un fenomeno sbalorditivo: le cellule tumorali continuano a crescere fuori dal corpo, in laboratorio. da qui alla commercializzazione il passo e` breve, ma passeranno vent`anni prima che i familiari scoprano una verita` non meno incredibile che traumatizzante: henrietta e` `immortale`, e dalle sue cellule si e` sviluppata un`industria miliardaria. rebecca skloot ha deciso di raccontare questa storia, e superando diffidenze e ostilita` e` riuscita a entrare in contatto con i lacks guadagnandosi l`amicizia della figlia di henrietta, deborah. e nato cosi` un libro che ci conduce da un reparto riservato ai neri del johns hopkins hospital agli abbacinanti laboratori dove i congelatori custodiscono le cellule hela, dalle baracche di clover, villaggio popolato di schiavi e guaritori, alla baltimora di oggi.

il lungo addio e` il canto del cigno di marlowe, nero come il peccato, nero come il genere che, con noncuranza, chandler aveva inaugurato e portato ai massimi splendori. e il suo romanzo piu` complesso, piu` compiuto e sentito, e in uno dei protagonisti - lo scrittore roger wade - e` dato leggere in filigrana un larvato autoritratto. acquistare delicatezza senza perdere forza, si augurava chandler a inizio carriera, e ora il dono e` suo, e` nelle sue mani. e anche un lungo addio al personaggio del detective malinconico e blase`, che per quante bevute si conceda, per quante sparatorie, pestaggi e tradimenti, inganni e disinganni debba subire, non perde mai l`ironico aplomb, ne` la battuta icastica. la sua inconfondibile silhouette in dissolvenza, con il fedora sulle ventitre` e la cicca all`angolo della bocca, e` forse l`ultima reincarnazione del cavaliere dalla malinconica figura. e un lungo addio, ripete in sottofondo la canzone che ci accompagna, struggente e sincopata, fino al termine del libro e della notte di los angeles. un lungo addio da dire solo quando significa qualcosa, solo quando e` triste, solitario... y final.

proclama manganelli nell`affrontare la pittura del pitocchetto. in effetti, sarebbe arduo ravvisare in lui la serieta` benpensante dello specialista: diffida dei musei, frutto di ; dichiara che allestire una pinacoteca ; e lascia trapelare che ai quadri, riflesso della del mondo, preferisce talora i disegni, appartenenti . ma non ci si deve ingannare: l` autorizza a essere imprecisi, emotivi, irresponsabili - esattamente cio` che permette alla critica di condividere la natura misteriosa, elusiva, notturna della letteratura. non a caso nel 1977 manganelli ha precisato che . i saggi qui riuniti saranno allora letteratura generata dall`arte - o meglio dalle arti, visto che le sue predilezioni si estendono dalle statue stele lunigianesi, , all`amata pittura del seicento e agli amici come toti scialoja, fino agli ex voto e alle libellule-mascotte di lalique, numi tutelari del viaggio. e proprio in quanto letteratura, svincolata da gravami disciplinari, questi scritti riescono a sovvertire ogni idea sull`arte e a insegnarci una nuova grammatica della visione. come quando, a proposito dei mangiatori di patate di van gogh, leggiamo: .

Col suo tocco elusivo, la prosa scabra di Han Kang sfiora ancora una volta l'orrore senza spiegarlo e ci lascia, attoniti, a contemplare la disturbante malìa del rifiuto di sé.

Pagine di un ‘romanzo sovietico’, ma così audaci da abdicare a ogni ligia ortodossia. E, come sempre in Grossman, attraversate da un soffio epico che le trasforma in grande letteratura.

Questo sito utilizza solo cookies tecnici e cookies analitics propri e di terzi. Per ulteriori informazioni vedi la nostra informativa. Chiudi