
da qualche tempo a questa parte, nel gergo giornalistico e televisivo di molti "intellettuali mediatici", laici e cattolici, del nostro paese, la parola eutanasia e` diventata una parola impronunciabile: quasi che colui che osa pronunciarla commetta un peccato mortale, un crimine e sia destinato, in ogni caso, alle fiamme dell`inferno. eppure, per oltre duemila anni, ha conservato l`originario significato che ben conoscono quanti hanno ancora una qualche familiarita` con il greco antico: morte felice, serena, dolce e, in ogni caso, nobile e razionale, in quanto morte a cui si espone il saggio "per la patria e per gli amici e nel caso in cui sia vittima di dolori acuti o di menomazioni o di malattie incurabili" (diogene laerzio, vite dei filosofi, vii, 130).




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