



questo libro sviluppa una riflessione sulle molteplici interpretazioni del dono (rivalistiche, puriste, relazionali, strumentali), sul collegamento tra dono e capitale sociale e tra dono ed economia. la connessione risiede nel fatto che, proprio attraverso il dono, si sviluppano e consolidano quelle reti di relazioni sociali fiduciarie che stanno a fondamento in primis di tutte le societa` e, di conseguenza, anche degli scambi di mercato.

la letteratura post-coloniale e` una sintesi di protesta e imitazione. essa mescola al suo interno rivolta e conciliazione. questa dualita` ne permea gli stratagemmi, lo stile e i contenuti in una maniera tale che non sempre si mostra fin da subito percepibile alla critica. questa condizione s`impone decisa nella riscrittura della tragedia greca in africa. in questa si contemplano una varieta` di propositi e fini; talvolta l`impostazione e` metaforica, altre volte polemica (reclamare un`eredita` rubata), altre ancora puramente artistica. d`altronde, la storia del rapporto tra l`europa e l`africa e` tragicamente segnato da episodi di sofferenza, oppressione e razzismo. i drammaturghi hanno cosi` sfruttato le potenzialita` della tragedia greca, distante abbastanza per affermare verita` tanto disperate che il pubblico non sarebbe in grado di sentire e vedere direttamente. il proposito di questo studio, percio`, e` quello di esaminare come il materiale culturale greco sia stato impiegato in africa, attraverso la maestria di uno dei piu` illustri rappresentanti della sua drammaturgia, emmanuel gladstone rotimi (1938-2000), con particolare riferimento al suo componimento piu` celebre, the gods are not to blame (1969), reinterpretazione e riscrittura di un testo canonico della cultura occidentale, l`edipo re sofocliano, con cui ha presentato, rappresentato, definito ed esplorato la storia e l`identita` del proprio paese.
la vicenda biografica e spirituale del filosofo bengalese aurobindo ghose (1872-1950) ha diviso tanto gli studiosi che si sono confrontati con il suo pensiero quanto il piu` vasto pubblico di ricercatori che ha guardato al millenario deposito orientale per ritrovare una dimensione spirituale in cui riconoscersi. sottoposto a priori alle piu` rigide critiche dottrinali o entusiasticamente accettato come un moderno profeta hindu, aurobindo deve essere considerato come una figura paradigmatica nella difficile transizione tra il lungo capitolo coloniale e la successiva indipendenza indiana, rappresentando una delle piu` intense voci alternative alla non-violenza del mahatma gandhi. le ragioni di questa duplicita` sono da ricercarsi nella sintesi tra cultura occidentale e tradizione religiosa indiana su cui il pensatore bengalese ha edificato la propria peculiare dottrina dello yoga integrale. la sua opera legge il corso della storia come il divenire di un organismo vivo e consapevole, cercando le regioni comuni tra il monismo metafisico dell`advaita vedanta e l`assenso occidentale al realismo scientifico. politicamente, aurobindo e` stato da alcuni considerato come uno dei piu` luminosi combattenti per l`indipendenza indiana, da altri un estremista facinoroso che non ha esitato a ricorrere alla violenza per contrastare l`egemonia britannica. sulla base di un`attenta analisi testuale dell`imponente opera letteraria del filosofo bengalese e attraverso il confronto con quelle figure occidentali che hanno diversamente interpretato il dettato tradizionale (gue`non, evola, steiner e scaligero), il volume suggerisce una linea d`indagine che non riduce il senso dell`opera aurobindiana alle categorie intellettuali dell`oriente o dell`occidente, ma ne segue la caratteristica identita` senza sacrificarla in un`ortodossia in cui il filosofo non si e` mai pienamente riconosciuto.