



pubblicate per la prima volta nel 1884, queste dodici novelle causarono a strindberg un clamoroso processo per blasfemia, dal quale usci` avventurosamente assolto, ma intimamente distrutto.

"leggete le mie semplici fiabe del 1903 e rendetevi conto voi stessi di dove ho fatto il mio apprendistato." cosi`, in un articolo del 1905, strindberg ricorda la prima edizione della sua raccolta di fiabe, sagor, in occasione del centenario della nascita di h.c. andersen. questa raccolta, scritta nel 1903 e presentata qui per la prima volta al pubblico italiano, appartiene alla piena maturita` artistica di strindberg e rappresenta l`unica incursione dell`autore in questo genere. "strindberg riprende il suo gioco segreto di scrittore confessato nel romanzo," come scrive alda castagnoli manghi nella sua introduzione, "e lo fa con tutta la liberta` della fiaba, ma anche con sovrana indipendenza nei riguardi del genere. non dissimula la realta` sotto il velo della fiaba, ma scompone, ricompone, separa e accosta ricordi, sensazioni, sogni e presentimenti `come pezzi di una scatola di costruzioni`. queste fiabe, a distanza di un secolo, conservano in ogni modo la loro efficacia di stile, colpiscono ancora l`immaginazione per la loro ricchezza inventiva e, soprattutto, restano a lungo nella memoria per la suggestione delle immagini visive."








se e` vero, come scrive giacomo oreglia nella prefazione, che "nell`opera sterminata e labirintica di strindberg la produzione specificamente lirica appare piuttosto esigua di fronte a quella teatrale, narrativa e saggistica", e` anche vero che sarebbe errato considerare questa parte dell`ispirazione del grande scrittore svedese come qualcosa di semplicemente occasionale e minoritario. innanzitutto, infatti, august strindberg e` uno degli esempi piu` emblematici dello scrittore "totale", che identifica nella maniera piu` assoluta se stesso e la propria opera; in secondo luogo, l`espressivita` estrema del linguaggio poetico non poteva non attrarre profondamente uno scrittore che di se` diceva: "non ho il pensiero piu` acuto, ma il fuoco; il mio fuoco e` il piu` grande della svezia". cosi`, la poesia per strindberg diventa il necessario approdo e complemento della sua straordinaria avventura creativa; esemplare essa stessa, non meno della narrativa, del teatro e della saggistica; e forse anzi terreno meno frequentato eppur privilegiato, per perseguire, come scrive ancora giacomo oreglia, "l`impietosa mise a` nu e dissezione di un percepire dalla irriducibile dicotomia..., fra i contrasti insanabili e senza saldature di realta` e sogno, presente e passato, dubbio e credenza, tradizione e individualita`, necessita` e liberta`, eticita` e bellezza".










