
la formula fe`ne`on secondo il suo inventore: una riga per l`ambiente, una per la cronaca piu` o meno nera, una per l`epilogo a sorpresa. leggere per credere.

non e` un caso che il comitato rivoluzionario affidi la missione di "liquidare" valerian aleksandrovic kurilov, l`odiato ministro della pubblica istruzione del regime zarista, proprio a le`on m.: orfano di due rivoluzionari russi, allevato in svizzera a spese del "partito", questi non ha avuto altra famiglia che i "compagni", ed e` cresciuto con l`idea "che una rivoluzione sociale fosse inevitabile, necessaria". nel gennaio del 1903 le`on, non ancora ventenne, assume dunque la falsa identita` del dottor marcel legrand e riesce a entrare nella casa di colui che gli studenti universitari hanno soprannominato il pescecane. perche` oltre che un avido uomo di potere, kurilov e` anche feroce: non esita infatti a far sparare sugli studenti, ne` a farli arrestare, processare e giustiziare. eppure, vivendo costantemente al suo fianco, il falso dottor legrand scopre un uomo diverso: gia` al primo sguardo gli sembra "piu` flaccido, piu` sgretolato, piu` vulnerabile", e presto apprendera` che e` gravemente malato. inoltre, kurilov e` molto innamorato della seconda moglie, un`ex cocotte francese che i sovrani si rifiutano di ricevere, e a causa di questa donna, che tutti giudicano "sconveniente", affrontera` perfino la disgrazia politica.

innamorarsi a teheran, guardare i fratelli marx a teheran, leggere lolita a teheran... cosi` iniziava una lista di cose segrete che azar nafisi aveva stilato nel suo diario e che si rimproverava di aver taciuto a tutti. molte delle altre, a tanti anni di distanza, ha deciso di raccontarle in questo libro. che e` un ritratto del padre, sindaco di teheran all`epoca dello scia`, e della madre, fra le prime donne entrate al parlamento iraniano. e la storia dei tradimenti di lui, del mondo fantastico in cui lei a poco a poco trasforma la realta` insopportabile che la circonda, e della forzata, dolorosa connivenza dell`autrice con il padre. ma anche e soprattutto la rivelazione di come a volte le dittature sembrino riprodurre i silenzi, i ricatti, le doppie verita` su cui si regge il primo, e piu` perfetto, sistema totalitario: la famiglia. chi conosce nafisi sa gia` cosa trovera`, qui, in ogni pagina: l`emozione di leggere sempre qualcosa di autentico e temerario. qualcosa che arriva dalle strade e dai giardini di teheran come dalle pagine di firdusi o dei grandi cantastorie persiani. e ci riguarda molto da vicino.

delle molte leggende alla cui nascita bolano stesso ha contribuito, l`ultima riguarda la forma che "2666" avrebbe dovuto assumere. si dice infatti che l`autore desiderasse vedere i cinque romanzi che lo compongono pubblicati separatamente, e se possibile letti nell`ordine preferito da ciascuno. la disposizione, ammesso che sia autentica, era in realta` un avviso per la navigazione in questo romanzo-mondo, che contiene di tutto: un`idea di letteratura per la quale molti sono disposti a vivere e a morire, l`opera al nero di uno scrittore fantasma che sembra celare il segreto del male, e il male stesso, nell`infinita catena di omicidi che trasforma la terra di nessuno fra gli stati uniti e il messico nell`universo della nostra desolazione. tutte queste schegge, e infinite altre, si possono in effetti raccogliere entrando in "2666" da un ingresso qualsiasi; ma fin dall`inizio il libro era fatto per diventare quello che oggi il lettore italiano ha modo di conoscere: un immenso corpo romanzesco oscuro e abbacinante, da percorrere seguendo una sola, ipnotica illusione - quella di trovare il punto nascosto in cui finiscono, e cominciano, tutte le storie.

fra il 1923 e il 1929 borges pubblica tre volumi di poesia su cui in seguito interverra` radicalmente, e tre di prosa che saranno ripudiati. tutti gli altri scritti - dispersi per lo piu` in periodici e riviste - cui era affidata l`insolente riflessione di quegli anni verranno dimenticati. e si capisce: ansioso di giustificare una tumultuosa militanza ultraista, ma soprattutto di "disanchilosare l`arte" e di difendere la sua poesia, borges dichiara la supremazia dell`"estetica attiva dei prismi", capace di forgiare una visione personale, sull`"estetica passiva degli specchi", che trasforma l`arte in copia; addita nel ritmo, elemento acustico, e nella metafora, elemento luminoso, gli strumenti imprescindibili di tale rivoluzione; regola impavido i conti con i morti e i loro esercizi di retorica; stigmatizza risolutamente il "nulla immobile" della letteratura coeva, preoccupata solo di cambiare di posto alle "cianfrusaglie ornamentali" che pretendono di discendere da gongora e di "infilzare in quantita` infinite i consunti aggettivi"; celebra una buenos aires che nelle "ore orfane che vivono come spaventate dagli altri e delle quali nessuno si cura" diventa liberta` di poesia, ed esalta l`ultimo tango, "zolletta di zucchero che da sola addolcisce la citta` offuscata e molle". viene qui proposta una scelta dei piu` significativi scritti dispersi del periodo 1919-1929, tratti dal primo volume dei textos recobrados (buenos aires, 1997).

"mi rendevo conto che c`era un demone in. me che gioiva nel vedere le persone per quello che erano, e sempre di piu`, sempre di piu`". cosi` fleur talbot rievoca per noi gli albori del suo talento letterario negli anni del dopoguerra londinese, quando, giovane e "piena di gaudio", scriveva il suo primo libro, warrender chase. insieme a lei partecipiamo alle riunioni dell`associazione autobiografica, dove lavora come stenografa alle dipendenze dell`anziano e altezzoso sir quentin. i soci leggono al gruppo le proprie memorie, che fleur, al momento della battitura, arricchira` di dettagli scabrosi. dal canto suo sir quentin si premura di conservare i fascicoli sottochiave per ignoti, forse sordidi, usi futuri. ma com`e` possibile che intanto sir quentin vada somigliando sempre piu` a warrender chase"? o e` warrender chase a precorrere misteriosamente, tappa per tappa, quel che accade a sir quentin?

l`inconfondibile impasto di mistero e quotidianita` e la trasparenza della parola che li dice hanno subito fatto riconoscere in charles simic uno dei maggiori poeti contemporanei. e in questo libro, che raduna my noiseless entourage e una scelta dai selected poems, il suo universo - fisico e mentale - si mostra con una vividezza abbagliante. un universo di interni desolati e di periferie hopperiane abitate da gente anonima, dove gli oggetti sembrano giacere spaesati dopo aver perduto ogni funzione. un`america di luoghi e immagini di memorabile intensita` - cinematografi abbandonati, bische clandestine, biblioteche di quartiere, diner notturni, giardini deserti, polvere, specchi, strade senza fine, cicli di un azzurro perenne -, dove si affacciano ombre e presenze indecifrabili, sospetto di metafisica subito soffocato dallo scetticismo e dall`ironia.

all`inizio c`e` un manoscritto. anzi, un frammento di manoscritto: "una reliquia mutilata, un pezzettino di testo sacro scritto in una lingua ignota su un rotolo di seta" risalente al ii o al iii secolo d.c. quel rotolo misterioso, un imperatore dell`xi secolo ha invano cercato di decifrarlo, e per esserci (forse) riuscito il suo poeta di corte e` stato assassinato. quasi mille anni dopo, l`ultimo imperatore della ghia, puyi, ne e` stato ossessionato al punto da uscire di senno, e durante il volo che lo portava in giappone ha lacerato con i denti e ne ha gettato una parte dall`aereo. il frammento disperso e` finito, per vie misteriose, nelle mani di zai lan, il legittimo erede al trono esiliato in manciuria dalla crudele imperatrice gixi. ma questo, appunto, e` solo l`inizio: perche` la nipote di zai lan sposera` un sinologo francese, che finira` in un campo di lavoro, e il figlio del sinologo francese studiera` la lingua del rotolo, e si innamorera` a sua volta di una giovane sinologa francese, la quale rimarra` anche lei impiglita nel groviglio di vicende che hanno al centro l`enigmatico frammento.

racconti di pochi istanti, trame incongrue e persecutorie, irrisioni sistematiche: questo e` il terreno della sua prosa. la sua singolarita` e` tale da non tollerare inquadramenti. charms rimane soprattutto uno stupefacente narratore di "casi", tanto gratuiti quanto ineluttabili. rispetto alla gelida purezza dei suoi esperimenti di parodia sistematica, le versioni occidentali dell`assurdo appaiono timide.

viene da un`isola delle antille che per i turisti e` il fondale di una vacanza da sogno ma che per lei - che gia` da bambina rifiutava di intonare "rule, britannia!" - e` una colonia ostaggio del sole e della siccita`, una prigione insopportabile. per spezzare le catene, e insieme per sbarazzarsi dell`amore terribile della madre e della crudele indifferenza del padre, lucy sbarca in un`altra isola, manhattan. ma l`illuminata benevolenza della famiglia che l`ha accolta come ragazza au pair non fa che acuire nostalgia e furore: alla trionfante generosita` di chi ha solo certezze, lucy non puo` che opporre un`astiosa impudenza. non le sfugge, del resto, che l`atmosfera di` armoniosa perfezione che avvolge mariah, lewis e le loro quattro bambine bionde e` uno show, e occulta crepe minacciose - i segni della rovina imminente. anche nell`opulenta new york, proprio come ad antigua, attorno a una tavola apparecchiata puo` regnare la desolazione. nulla, nell`arco di un breve anno, rimarra` intatto: per il cieco progressismo di chi la ospita e dovra` confrontarsi con lo specchio deformante dei margini del mondo; e per lucy: insofferente ai dominati come ai dominatori, senza piu` punti di riferimento, provera`, al pari di gauguin - il pittore che ha scoperto in un museo e subito amato -, a inventarsi facendo affidamento solo sull`intuizione, e a riscattare l`oltraggio della sua origine.

l`espressione "punto di attacco" svela la potenziale aggressivita` immanente a ogni posizione di valori. espressioni come "punto di osservazione" o "punto di vista" sono fuorvianti e danno l`impressione di un relativismo, relazionismo e prospettivismo apparentemente illimitati, e con cio` di altrettanta tolleranza, legata a una sostanziale, benevola neutralita`. ma non appena si e` consapevoli del fallo che qui sono in gioco anche punti di attacco, le illusioni neutralisliche cadono. con un saggio di franco volpi.

karl moor, il protagonista dei "masnadieri" di schiller, era l`eroe preferito del piccolo robert walser: e proprio travestito da karl lo ritrae, quindicenne, suo fratello. probabilmente, dunque, non e` un caso se il romanzo ritrovato fra le carte lasciate dallo scrittore (quei " microgrammi " di assai problematica decifrazione) riprende il titolo del dramma di schiller: "die rauber". piu` che un eroe, pero`, il brigante che qui si racconta e` un antieroe, uno che vivacchia ai margini della buona societa` di berna, corteggiando una cameriera di nome edith, e lasciandosi corteggiare da tutta una serie di signore, che lo vorrebbero o per se` o per le proprie figlie. quando edith decidera` di sposarsi, il brigante le rimproverera` dal pulpito di preferire a lui un uomo mediocre; e lei gli sparera` ferendolo leggermente. una volta ricaduta l`ondata dei pettegolezzi, ecco il nostro brigante che, insieme a uno scrittore di professione, si mette a raccontare la propria versione della vicenda. ed e` qui che comincia il vertiginoso gioco di rispecchiamenti fra colui che narra e colui che e` narrato, fra lo stesso robert walser e il suo brigante.

marcel schwob ha scritto che se boswell fosse riuscito a concentrare in dieci pagine la sua monumentale "vita di samuel johnson", avrebbe dato alla luce l`opera d`arte tanto attesa. quasi raccogliendo la sfida, giorgio manganelli scrisse nel 1961 questo trattatello, che rappresenta una `biografia sintetica` e insieme un ritratto collettivo dove - sullo sfondo di una londra torva e sordida, ma amatissima - accanto a johnson figurano i suoi piu` cari amici: richard savage, scrittore fallito, sregolato e ribaldo, topham beauclerk, ilare e irresponsabile libertino, e naturalmente james boswell, autore di un "calco letterario fedele fino alla allucinazione" del modo di essere del dottore. uomini dalla prensile passionalita`, capaci di offrirgli un`immagine gia` vissuta e intellettualizzabile dell`esistenza: l`ideale per lui, che ambiva a essere "esperto e incorrotto". ma il johnson di manganelli e` ancora di piu`: il primo eroe di una civilta` di massa, un divo ammirato e amato per il fatto stesso di esistere, di conglomerare con la sua bizzarria e la sua sarcastica conversazione ascoltatori e spettatori. ed e`, anche, un perturbante alter ego, soprattutto laddove di johnson appare nel lato piu` segreto: la malinconia, l`ipocondria, l`infelicita`, fieramente combattute con il lavoro, con "i doveri dell`intelligenza, presidio della chiarezza interiore e dunque della moralita`".

"dallo speciale mondo chiuso e anacronistico delle comunita` chassidiche sperdute nelle grandi gelide pianure orientali non s`innalzera` mai piu` una voce. il libro del ceco jiri langer "le nove porte" e` il documento meno mediato di cui oggi si possa disporre per avvicinare l`oscuro e luminoso regno dei chassidim, cuore di quell`universo perduto." (sergio quinzio)

al centro di questo libro si trova un sogno, l`unico che baudelaire abbia raccontato. entrare in quel sogno e` immediato, uscirne difficile, se non attraversando un reticolo di storie, di rapporti e di risonanze che coinvolgono non solo baudelaire ma cio` che lo circonda. dove spiccano due pittori di cui baudelaire scrisse con stupefacente acutezza: ingres e delacroix; e due altri che solo attraverso baudelaire possono svelarsi: degas e manet. secondo sainte-beuve, perfido e illuminato, baudelaire si era costruito un "chiosco bizzarro, assai ornato, assai tormentato, civettuolo e misterioso", che chiamo` "la folie baudelaire" (folies era il nome settecentesco di certi padiglioni dedicati all`ozio e al piacere), situandolo sulla "punta estrema del kamcatka romantico". ma in quel luogo desolato, in una terra ritenuta dai piu` inabitabile, non sarebbero mancati i visitatori. anche i piu` opposti, da rimbaud a proust. anzi, sarebbe diventato il crocevia inevitabile per cio` che apparve da allora sotto il nome di letteratura. qui si racconta la storia, discontinua e frastagliata, di come "la folie baudelaire" venne a formarsi e di come altri si avventurassero a esplorare quelle regioni. un storia fatta di storie che tendono a intrecciarsi, e per alcuni decenni ebbero come sfondo le stesse strade di parigi.

"crediamo tutti di conoscere le persone che amiamo": cosi` pearlie cook comincia a raccontarci gli incredibili sei mesi che sono stati, per il suo matrimonio, una sorta di inesorabile lastra ai raggi x. siamo nel 1953, in un quartiere appartato e nebbioso di ex militari ai margini di san francisco, e tutto nella vita dei cook parla ancora della guerra: la salute cagionevole di holland, i ricordi tormentati di lei, le loro abitudini morigerate e un po` grigie. una vita per il resto normalissima, come sottolinea la voce ammaliante di pearlie - mentre la sua testa scoppia di pensieri che forse, via via che si disvelano, preferiremmo non ascoltare. eppure li leggiamo con avidita`, rassicurati dal fatto che lei, palesemente, ha intenzione di dirci proprio tutto. perche`, allora, ci sentiamo invadere da un`ansia arcana, da un senso di vertigine e di smarrimento, come davanti a certe atmosfere torve di edgar allan poe? non solo per il susseguirsi di colpi di scena che ci avvincono a ogni riga sino a condurci all`unico finale davvero imprevedibile. non solo per l`uomo venuto dal passato, per la lettera che colpisce come un pugno, per i terribili segreti che si dischiudono a uno a uno... sara` allora per la dolorosa lucidita` con cui la narratrice riesce a indagare la distanza che separa ciascuno di noi dagli altri? o perche` a ogni pagina ci chiediamo: come fa pearlie a sapere tutte queste cose - di noi?

e se "la vita bassa", per i prossimi le`vi-strauss, diventasse un segno antropologico tribale ed elettorale non solo giovanile, in un muse`e de l`homme con foto di addomi e posteriori aborigeni di fronte e profilo? o non diventera` una metafora, nella pubblicistica "easy" satura di cose che sono metafore di altre cose, dai nostri tempi alla condizione umana, al paese, a tutto?

non sempre un`opera prima segna la nascita di uno scrittore. ma se si tratta di william faulkner, e se la materia del romanzo ha il sapore di un regolamento di conti, o di un risarcimento, il miracolo puo` avvenire. quando "la paga dei soldati" esce per la prima volta, nel 1926, faulkner ha trascorso gli otto anni dalla fine della grande guerra raccontando episodi del conflitto; e l`impressione che il lettore comune ricava dal libro e` che il suo protagonista, il tenente donald mahon, sia un alter ego dell`autore. cosi` non e`, dal momento che faulkner, scartato dall`aviazione americana per un problema di centimetri e poi arruolatosi sotto falso nome in quella canadese, non aveva fatto in tempo a partire per l`europa prima dell`armistizio: dunque non era stato, come mahon, orribilmente ferito in combattimento, ne` aveva dovuto attraversare una tormentosa convalescenza affidandosi alle cure di tre donne la sensuale fidanzata cecily, "insincera come un sonetto francese", la governante emmy, sua amante anni prima per una sola notte, e la giovane vedova margaret powers. il dolore e le passioni di mahon - o di quanto resta di lui si trasformano cosi` in quell`urlo che di faulkner diverra` piu` tardi l`emblema: e in un magnifico furore che investe le passioni e le miserie di un intero microcosmo, su su fino alla "muta cacofonia dorata delle stelle".

oxford, anni trenta. il futuro autore del "riccio e la volpe", del "legno storto dell`umanita`", della "liberta` e i suoi traditori" e` un giovane studioso agli inizi della carriera, ma gia` rivela quelle singolari doti che faranno di lui uno dei grandi epistolografi del novecento: la passione per il gossip e la conversazione brillante ("la vita non merita di essere vissuta se non si puo` essere indiscreti con gli amici intimi" scrivera`), il talento di `imitatore di voci`, la curiosa mobilita` di uno sguardo capace di trascorrere con leggerezza da un oggetto all`altro, l`eleganza musicale della prosa, l`ironia degna di evelyn waugh o robert byron. che parli degli intrighi accademici oxfordiani o dei concerti di toscanini a salisburgo, del cenacolo di stefan george e dei prodromi del nazismo o di letteratura inglese, di gerusalemme o del "viaggio della memoria" nella patria russa, delle atmosfere di venezia o dei suoi incontri con virginia woolf, sempre la varieta` armoniosa, la versatilita` danzante del suo stile ci incantano. ma non basta: negli anni trascorsi fra new york e washington (1941-1946) come funzionario del foreign office - con il delicato compito di operare affinche` il governo di roosevelt decidesse l`entrata in guerra al fianco di churchill, nonche` di guadagnare l`america alla causa sionista -, berlin si rivela anche un geniale cronista del grande ebraismo americano (i warburg e i frankfurter, i brandeis, i rothschild), sicche` questo epistolario giovanile ci regalera` anche un`incursione nel cuore segreto della storia novecentesca.

quando, intorno al 1822, il diciottenne wilhelm waiblinger comincia a frequentarlo, holderlin vive ormai da oltre vent`anni recluso nella "torre" in riva al neckar, obnubilato, isolato dal mondo - non e` piu`, insomma, "da considerarsi tra i vivi". va su e giu` come "le fiere ... nelle loro gabbie", suscitando in waiblinger un brivido di orrore, recita giorno e notte un monologo incessante, e rivolge ai rari ospiti un profluvio di parole sconnesse in una lingua inventata. mosso da un`ardente devozione, waiblinger scruta con amorevole pietas la vita quotidiana del poeta, ma, soprattutto, riesce a penetrarne il delirio, parlando con lui di poesia, di musica e del passato, facendo in sua compagnia lunghe e rasserenanti passeggiate in riva al fiume o nella pace delle vigne. di questa intensa frequentazione friedrich holderlin, che waiblinger scrisse tra il 1827 e il 1828 in italia - dove si era trasferito per sfuggire alla miseria e all`autodistruzione -, e` il frutto: un ritratto fra novella romantica e dramma del destino, in cui il lettore trovera` delineati la giovinezza di holderlin e i suoi studi, le passioni e gli amori infelici (come quello per susette gontard, la sua diotima). ma, al tempo stesso, molto di piu`: waiblinger fu il primo a intuire la grandezza di holderlin, a cogliere il valore dei suoi manoscritti, a interrogarsi sul tormentato processo della sua scrittura, sicche` questa testimonianza assume il peso di un precoce, essenziale gesto di fondazione critica.

"il presente saggio riflette una storia personale, la storia di una lunga, se cosi` posso chiamarla, avventura intellettuale, che si svolge nel flusso di una duree" scriveva nel 1974 solmi introducendo il celebre saggio su rimbaud. ma le stesse parole avrebbe potuto in realta` riferirle all`intera letteratura francese, da lui indagata con passione inesausta nel corso della sua vita di studioso e saggista. passione che traluce piu` che mai negli scritti qui raccolti, in cui l`appartato itinerario di solmi raggiunge le vette piu` alte, la` dove lo sguardo abbraccia prospettive sconfinate: "che cosa sarebbe scrivere d`arte, di critica, se non fosse, in pari tempo, scrivere della vita?". il saggio su rimbaud, sorta di testamento spirituale di solmi, e senza dubbio una delle prose piu` nitide del secondo novecento italiano, offre un esempio indimenticabile di lettura empatica, a distanze siderali da tanta letteratura accademica: mi pare di aver capito rimbaud dalla contemplazione del suo paesaggio piu` che da tutti i volumi scartabellati nella biblioteca di charleville". ma non meno memorabili sono i contributi che compongono la seconda parte del volume: studi, minuziosi e appassionati, dedicati a scrittori e poeti francesi del secondo ottocento e del primo novecento, scrupolosamente indagati nel loro percorso artistico e spesso ritratti con efficaci cortocircuiti.

"vrades pro sempere!", fratelli per sempre: questo si giurano zosimo e nemesio il giorno in cui quest`ultimo lascia il paesino di crapiles per andare a iscriversi all`universita`. zosimo, che a crapiles ci e` nato, rimarra` a fare il pastore: come suo padre, come il padre di suo padre. sebbene cosi` diversi, i due ragazzi sono stati amici dal giorno in cui la famiglia di nemesio e` arrivata in paese dal "continente". da quel momento sono stati inseparabili: zosimo ha portato nemesio a casa sua, dove lo hanno accolto come un figlio, gli ha insegnato a mangiare formaggio di pecora con il pane crasau, e a cercare nei boschi i nidi dei colombacci. nessun dubbio, nessun sospetto, nessun cattivo pensiero puo` scalfire nell`animo puro di zosimo l`amore per l`amico. cosi` come nessuna malalingua potrebbe gettare un`ombra su quello per la bella columba, di cui fin da piccolo e` innamorato e che sta per diventare sua moglie. dopo la partenza di nemesio le loro strade si divideranno, ma solo per tornare a incrociarsi molti anni dopo: e allora, cadute le maschere, scoppiera` il dramma. in questo romanzo niffoi racconta con mano sicura una vicenda di amore e di amicizia che conferma le sue straordinarie doti di narratore di storie, anzi, di vero e proprio cantastorie: uno di quelli ancora capaci di incantarci con una fantasia lussureggiante - e con la musica di una lingua potentemente suggestiva.

il villaggio dei solenni meo, nel laos, pervaso dall`odore "di immensa stravaganza" dell`oppio, dove tutto sembra sospeso; il lampo d`oro, destinato a durare per l`eternita`, che gli occhi e i capelli di ignazio, l`amico adolescente, mandano un giorno su un campo da tennis; la tigre avvolta dalla nebbia e come "distesa su piume o aria" che appare d`improvviso, alla luce dei fari, su una strada della malesia; il pavillon fuori moda dove - fra spumeggianti bicchieri di itala pilsen, giovani donne fasciate di seta e ufficiali tedeschi col monocolo - pochi minuti di oscuramento e il fischio degli stuka possono condensare la guerra; l`"arruffio di gesti tutti precisamente sintonici" che nel ricordo si rivelera` essere l`amore; lo sguardo appannato, "come una pellicola selvatica poggiata sulla cornea", di una delle piu` famose spie, kim philby, colto in un albergo di mosca. sono gli inattesi lampi di verita`, gli improvvisi scatti della memoria, le manifestazioni dell`arte della vita offerti ai lettori del "corriere della sera" fra l`aprile del 1982 e il marzo del 1983: e non e` un caso che, quasi a radunare idealmente questi brevi testi di massima densita` in un terzo e piu` malinconico `sillabario`, parise avesse scelto la rubrica "lontano". perche` quello che si impara - sembra dirci parise - lo si impara di colpo, da un momento all`altro, ma per lo piu` nel ricordo, quando ormai e` troppo tardi.

i "frammenti postumi" di friedrich nietzsche raccolti in questo quinto volume testimoniano, nella dinamica molteplicita` dei temi, un tumultuoso - e decisivo - periodo di transizione che si concludera`, simbolicamente, con il commiato definitivo da richard wagner. nietzsche filologo "inattuale", critico e riformatore nel segno della grecita` e di wagner, pone con risolutezza in discussione se stesso e le sue precedenti convinzioni, incamminandosi per una lunga e faticosa "via della liberazione" che, secondo un progetto destinato a non realizzarsi, avrebbe dovuto raggiungere al termine di un percorso di dodici "considerazioni inattuali". e a due di queste, "noi filologi e richard wagner a bayreuth", sono legate gran parte delle riflessioni che si trovano in queste pagine. da un lato, utilizzando i risultati delle nascenti scienze antropologiche ed etnologiche e cogliendo nell`antichita`, accanto ai germi di una nuova mentalita` libera e scientifica, la permanenza di un "pensiero impuro", nietzsche si dimostra piu` che mai contrario alla concezione di uno "sviluppo naturale" della storia e della cultura presente nei filosofi hegeliani e nei positivisti. dall`altro, individuando adesso una contrapposizione tra la categoria ampia di `educazione` e i pericoli presenti nell`arte, si allontana sempre di piu` dal culto del `genio` e dalla metafisica schopenhaueriana.

al-haditha, iraq, 25 novembre 2005. per ritorsione contro un attentato subi`to, una compagnia di marines, protetta da regole ambigue, massacra due famiglie di civili inermi. la minuziosa, atroce istantanea di un incubo reale e senza apparente via di uscita.

vanessa che "quando si mette le calze nere e la gonna corta di pelle pare proprio `na femmina"; il ragazzino tredicenne che uccide la madre "perche` qualcuno doveva farlo", perche` "ci sta un limite a tutto"; la ragazza che puo` raccontare solo a un gatto di stoffa di nome monnezza cosa significhi abortire il figlio che suo padre le ha messo in pancia; il piccolo malavitoso costretto ad abbassare gli occhi davanti a un anziano pensionato pacatamente deciso a non abbassare i suoi; il ragazzo detto reiba`n che nel corso di una notte balorda in compagnia dei suoi amici panzarotto e role`x ruba la macchina sbagliata (e` la macchina di un boss) e si trova a dover uccidere per salvare la pelle: sono solo alcuni dei personaggi che il lettore incontrera` in questi dieci racconti, dieci come i comandamenti, e a questi intitolati. un`immagine radicalmente nuova di napoli.

anche in assenza di precise notizie, non e` difficile immaginare che nella sua carriera di pubblicitario davis grubb mai aveva lanciato un prodotto con un accorgimento efficace come quello con cui nel 1953, al suo esordio, presento` harry powell alias ii pastore, cioe` lo psicopatico piu` seducente e abominevole che si ricordi: quattro lettere tatuate sulle dita della mano sinistra ("hate") e quattro su quelle della destra ("love"). il resto - e si intende la costruzione di un gotico tutto americano, dove le luci dell`espressionismo proiettano lunghe ombre sul paesaggio spettrale del midwest - lo ha fatto il film diretto l`anno dopo da charles laughton e interpretato da robert mitchum: ogni scena sembra girata per imprimersi, come in effetti e` avvenuto, nella memoria. tanto piu` sorprendente sara` allora tornare al testo d`origine: la storia e` qualcosa di piu`, se possibile, dei fatti che la compongono (e che ruotano intorno a un bottino di cui solo i ragazzini nelle mani del pastore conoscono il nascondiglio), e` un`omelia nera, una lunga e cupa ballata atroce almeno quanto le filastrocche infantili che di tanto in tanto la interrompono, risuonando nel vuoto.

e una tarda estate berlinese, verso la meta` degli anni settanta. approdato a un`inerte maturita`, willie chandran viene scosso dai proclami idealistici della sorella sarojini e, gettandosi alle spalle l`educazione londinese e un ventennale, indolente soggiorno in africa, decide di tornare nell`india nativa per abbracciare la causa di un gruppo di guerriglieri separatisti. da quel momento non gli verranno risparmiate esperienze e disillusioni di ogni tipo: nelle remote foreste di tek del dhulipur, base dei ribelli-terroristi, si imbattera` in una comunita` di cattivi maestri imbevuti di maoismo-leninismo e di ottusi psicopatici, per i quali uccidere un "agricoltore agiato" e` un meccanico esercizio di tiro al bersaglio; nelle prigioni statali ritrovera` gli stessi contadini "dai luminosi occhi neri" gia` traditi dai ribelli, e condividera` con i detenuti camerate di cemento senza mobili, dove lo spazio a disposizione di ciascuno non va oltre una stuoia; e, una volta rientrato a londra (tra i rassicuranti mattoni rossi della "citta` giocattolo" di cricklewood), la civilta` occidentale gli si rivelera` sfibrata dalle nevrosi, riassunte nella parabola di roger, l`amico avvocato che lo ha fatto scarcerare e che vive una profonda crisi sentimentale e finanziaria.

questo non e` un libro di viaggio, "categoria insulsa" esordisce brace chatwin nell`introduzione. piuttosto, un romanzo nel senso migliore, qualcosa di nuovo e fresco: la storia della liberazione dalla claustrofobia di un`esistenza trascorsa a new york durante la seconda guerra mondiale. fuggita dalla francia negli stati uniti all`inizio del conflitto, sybille bedford sente d`improvviso il bisogno di ripartire, di parlare un`altra lingua, di mangiare cibo diverso, di trovarsi in un paese dal lungo e fosco passato ma quasi privo di un presente. la scelta cade sul messico. "cieca al luogo comune" - sono ancora parole di chatwin -, la bedford non attinge al repertorio dello scrittore in trasferta, non si abbassa alla satira, non e` "spiritosa", non pontifica. il risultato e` una miriade di sorprese, di delizie a ogni pagina, a ogni passo. lo spirito nomade ereditato dalla madre e il raffinatissimo gusto di ascendenza paterna si coniugano per regalarci un vero "libro delle meraviglie", una miniera di scorci storici e geografici colti da un`angolazione inedita che "tocca la verita`". l`orecchio assoluto per la conversazione capta, negli scambi fra anglo-americani e messicani, surreali sfumature d`incomprensione, che raggiungono vertici di ilare nonsenso. partita dalle "splendide terme di caracalla della grand central station", sybille bedford finira`, nei panni di quell`animale sacro che e` l`ospite, in casa dell`incredibile personaggio che da` il titolo al volume.

infagottata nella sua uniforme da viaggio, la giovane maria angulema si accinge, incongrua dama di carita` avventizia, a compiere il pellegrinaggio di lourdes con uno scopo segreto e bruciante: rendere al mittente il pesante fardello di dolore che si porta dietro da quando suo padre e` morto in un incidente automobilistico - e "chiedere formale spiegazione e magari soddisfazione di tanta sofferenza al padreterno". ferma nel suo proposito, armata soltanto della sua "anima sbiadita e pesta", l`avventizia si trova subito sommersa, fin dalla stazione di partenza, da "una folla rumorosa composta da pellegrini, parenti dei pellegrini, malati veri, parenti e familiari dei malati veri, malati finti, parenti e familiari dei malati finti, curiosi, sfaccendati, militari in libera uscita, puttane nigeriane, dame o sorelle di carita`, barellieri o fratelli". scaraventata suo malgrado sul palcoscenico delle celebrazioni religiose, maria si accanisce con goffe manovre nel tentativo di espugnare la grotta di massabielle, da cui viene costantemente respinta, mentre sempre piu` incombenti si fanno alcune comparse demoniache - come la micchelina e la nazzarena, cugine diabetiche di montecastrilli, la stridula samantha, la terrifica liona - o angeliche, come il bellissimo gonzalo gomez y morena, barelliere della vergine della macarena di siviglia, di cui maria si crede innamorata prima che tutto venga travolto dall`incontro con il padre che la consola infine di ogni afflizione.

"quando l`accumulazione di capitale di un paese diventa il sottoprodotto delle attivita` di un casino`, e` probabile che le cose non vadano bene". john maynard keynes veniva spesso considerato, dai suoi contemporanei, una fantasiosa cassandra. in realta` i suoi vaticini riletti oggi sembrerebbero usciti dalla penna di un osservatore timido, quasi reticente. proseguendo l`analisi intrapresa con "ii conflitto epidemico" e proseguita con "il gioco delle regole", in questa terza parte del suo studio dei mercati contemporanei, e dei meccanismi che li governano, guido rossi spinge la sua riflessione all`estremo, dimostrando come nel giro di pochi anni l`apparente contrasto degli interessi si sia trasformato in un paradossale concorso dei medesimi verso un solo, chiaro e pericolosissimo fine: la creazione di un mercato finanziario globale definitivamente separato dall`economia concreta, e quindi sottratto a qualsiasi confronto col principio di realta`. quali insidie una situazione del genere ponga lo verificano, ogni giorno, i risparmiatori di tutto il mondo. come e perche` abbia senso temere un`implosione di piu` vasta portata lo scoprira`, con crescente sgomento, il lettore di queste pagine.

nato nel cuore della bielorussia e suddito dell`impero russo, oscar vladislas de lubicz-milosz non cesso` mai di rivendicare l`antico lignaggio lituano; la sua lingua madre era il polacco, ma questo non gli impedi` di diventare un grande poeta cosmopolita di lingua francese. benche` annoverato fra i simbolisti francesi tardivi, milosz (cosi` scelse di firmare i suoi libri) si sottrae a qualsiasi classificazione. e mentre ovunque si imponevano le avanguardie e trionfavano gli esperimenti piu` bizzarri e le innovazioni piu` disperate, egli scelse di allontanarsi da quella che definiva una "pericolosa deviazione", destinata a suscitare tra il poeta e la "grande famiglia umana" una "scissione" e un "malinteso". scissione e malinteso che hanno invece, troppo a lungo, oscurato la sua solitaria ricerca, cosi` refrattaria alle curiose ricerche dell`io e cosi` "appassionata del reale", e oggi piu` che mai meritevole di uscire dalla ristretta cerchia degli iniziati.

ne ha sempre avuti parecchi di guai, antoni sarmentu. prima e dopo quel terribile giorno di settembre in cui sali` al santuario della madonna di gonare a chiederle la grazia di trovare un marito per la figlia e di fermare il tumore che gli stava consumando la moglie. d`improvviso, al momento della comunione, cominciarono a cadere chicchi di grandine grossi come ghiande, e un fulmine penetro` nella chiesa e colpi` proprio lui, antoni, riducendolo come "uno stoppino bruciato" e lasciandogli, al posto della filigrana dorata della catenina di battesimo, "un sottile ricamo alla base del collo". da quel giorno a oropische tutti lo chiamarono collodoro. ma il fulmine (o forse la madonna stessa) gli aveva lasciato un altro dono, piu` inquietante e piu` segreto: il temibile potere di guardare dentro la testa della gente, e di vedere i loro peccati. a cominciare da quelli del parroco, don basiliu, che di tutti i peccatori del paese era il piu` abietto e il piu` infido. ma il giorno di ferragosto, ventiquattr`ore prima dell`esproprio delle terre di monte piludu, l`intero paese si mettera` in marcia contro funzionari, carabinieri, speculatori. e sara` una battaglia memorabile.

mario brelich e` stato uno scrittore del tutto anomalo nel paesaggio letterario italiano: e non solo perche` l`intera sua opera narrativa e` dedicata a figure ed episodi delle sacre scritture, ma anche (o forse soprattutto) perche` ognuno dei "capitoli" di quest`opera ci appare come un oggetto tanto piu` malioso quanto piu` difficile da etichettare. questa volta brelich si misura con giuditta -l`unica fra tutte le eroine dell`antichita` ad "affidare la salvezza della sua citta`, del suo popolo e dell`avvenire del suo dio esclusivamente alla propria bellezza" - e mentre ne ripercorre la vicenda con la consueta, affabile scioltezza, la indaga con gli strumenti piu` vari (non ultimo la psicoanalisi); e poiche` ha la scienza del teologo e la grazia del narratore, riesce a farci penetrare nel mistero di questa seducente eroina-avventuriera, in quel miscuglio di castita` austera e irresistibile sex-appeal che non a caso ha ispirato alcuni fra i piu` grandi dei "maestri antichi".

"willie era senza dubbio il piu` celebre autore vivente. con ogni probabilita` era anche il piu` triste". nonostante l`attacco, il libro che robin maugham nipote di somerset e romanziere in proprio - ha dedicato allo zio e` uno dei ritratti di scrittori piu` convincenti, utili e anche spassosi che siano mai stati pubblicati. e lo e` per una ragione molto semplice: nella forma della conversazione - qui restituita con impressionante fluidita` - maugham dava il meglio di se`, alternando momenti di candore ("sono bisessuale, ma per un fatto di reputazione non e` che lo vado a strombazzare in giro") a pillole di saggezza ("ho sempre sognato di scrivere una grande commedia, cioe` un dramma che avesse un inizio, una parte centrale e una fine"), giudizi taglienti ("noel coward aveva poco talento, ma l`ha sfruttato fino all`osso") a grandi storie, cui maugham ricorre ogni volta che sul viso del nipote vede affacciarsi un`ombra di scetticismo. puo` trattarsi di un pettegolezzo mondano, di un aneddoto su aleister crowley o di un episodio inedito, come l`ambasceria affidata a maugham da kerenskij dopo la rivoluzione di febbraio, e destinata a lloyd george: non importa, cosi` come non importa che i fatti siano o no realmente accaduti - cio` che conta e` che ogni volta il lettore ha la sensazione di scoprire un romanzo in miniatura dalla firma inconfondibile.

"esclusi perditempo" e` una raccomandazione che compare spesso, nei cosiddetti annunci personali, e che andrebbe estesa a quegli scrittori (cioe` quasi tutti) che parlano di sesso per sentito dire, ripescando reminiscenze vetuste, o peggio lavorando di fantasia. e un rischio che david henry sterry non corre, dal momento che per un anno della sua vita ha effettivamente praticato, a livelli di eccellenza, il mestiere fra tutti piu` carico di tradizione. che si rivela anche, nelle pagine di questo libro, il piu` movimentato, e il piu` divertente, oltre che per certi versi il piu` atroce. certo e` una carriera che, come ogni altra, ha i suoi margini d`imprevisto. quando dopo una notte brava finita male viene salvato da un immane e indimenticabile nero, che prima lo mette a cottimo in un suo locale a friggere polli, quindi lo instrada a una carriera di pollastro, il giovane david accetta. ma lo fa senza mettere in preventivo nulla, senza immaginare che si ritrovera` nudo, a parte un grembiulino, a lavare piatti mentre due signore si intrattengono alle sue spalle, ne` che un`altra cliente gli chiedera` di vestirsi e di farsi trattare come il figlio che ha perduto.

mosca, 20 settembre 1968. rube`n nasce affetto da paralisi cerebrale: le facolta` intellettuali sono intatte, ma non puo` muovere gli arti, salvo due dita. dopo poco piu` di un anno sara` separato dalla madre e rinchiuso negli speciali orfanotrofi in cui vengono isolati, e sottratti allo sguardo, quelli come lui, considerati impresentabili da una societa` che esalta il mito dell`uomo nuovo e dichiara di muoversi verso un radioso futuro. solo all`inizio degli anni novanta rube`n riuscira` a fuggire dal suo gulag personale e, ritrovata la madre, comincera` a raccontare la sua storia, rivelandosi scrittore vero.

per i suoi contemporanei, thomas browne fu un grande antiquario, un medico illustre e, soprattutto, un "wit", definito volta a volta pedante o ironico, scienziato retrivo o promotore entusiasta della scienza nuova. le sue opere sollevarono dispute teologiche e scientifiche, eruditi gli chiedevano consigli su disparate questioni. i lettori piu` moderni, a partire da lamb, coleridge, de quincey, fino a borges, scoprirono che browne poteva essere considerato innanzitutto come letterato; che il fascino della sua prosa era, in certo modo, ineguagliato nella letteratura inglese; che l`astrusita` delle sue preoccupazioni rendeva i suoi scritti ancor piu` rari e curiosi; che l`aura del remoto avvolgeva ogni pagina. cosi` browne divenne uno scrittore per raffinati, una preziosita` letteraria, una felice aberrazione. la sua opera - elusiva, fondata su di una cultura composita e scritta in una cadenza naturalmente religiosa e cerimoniale - si presenta come una complessa figura sul punto di disfarsi, come un mosaico le cui tessere stiano per essere separate e disperse.

prima di proclamare con la sua arroventata eloquenza - nella firenze del 1945 - l`urgenza di una "tramutazione pura" dell`uomo, del reale, di dio" (giulio cattaneo) e di proporre un movimento di religione teso a una incommensurabile novita`, e destinato a dileguarsi come un miraggio, tartaglia pubblico` alcuni saggi su figure fondamentali del pensiero cristiano quali pascal, malebranche e newman, nonche` su un controverso contemporaneo, gabriel marcel. "dissolvendosi il vecchio atto religioso, anche i tradizionali contenuti religiosi verranno a trovarsi cambiati. la realta` di dio viene rapidamente portata al massimo della sua liberazione, viene trascesa in una realta` diversa oltre dio e non dio": bastano queste parole, pronunciate a ferrara in occasione dell`ultimo convegno del movimento, per comprendere la radicalita` dell`azzardo di tartaglia. il suo presupposto, come dimostrano questi saggi, era una profonda conoscenza della tradizione cristiana, in tutte le sue diramazioni.

come si diventa uno scrittore? come si ottiene un riconoscimento duraturo? talento e opere di qualita` non bastano: occorre un "autore di autori", un editore vero. come il leggendario je`ro`me lindon, cui si devono le fortune e il prestigio delle editions de minuit (basti pensare alla scoperta di beckett). della misteriosa reazione chimica che si produce fra uno scrittore e il suo editore, jean echenoz ci offre il resoconto appassionante ed esatto - un racconto che si deposita nella memoria come un`incantevole partitura musicale.

la storia di un uomo che forse non ha letto tutti i libri, ma che tutti li conosce. il sovrano di un mondo parallelo - un mondo di carta.

un viaggio ilare e desolato nel cuore del tibet, alla ricerca di una citta` un tempo immaginata dagli occidentali, e oggi costruita dai tour operator del governo cinese.

dicembre 1944. l`armata rossa sta per completare l`accerchiamento di budapest. l`antivigilia di natale una ragazza di venticinque anni, erzse`bet, che gia` da mesi vive braccata, sotto falsa identita`, riesce a trovare un nascondiglio per il padre: il vecchio, un celebre scienziato a cui gli squadroni fascisti delle croci frecciate danno la caccia, verra` murato, insieme ad altre cinque persone, in una cantina grande quanto una dispensa. erzse`bet, invece, scendera` nello scantinato del palazzo dove vive, insieme a tutti gli abitanti di quello e di altri palazzi dei dintorni. ci rimarranno per quattro settimane, quanto durera` il terribile assedio, mentre sopra le loro teste infuriano i combattimenti. in quel mondo sotterraneo maleodorante e caotico, in una "promiscuita` da porcile", mentre fra la gente ammassata sui materassi si scatenano tensioni sempre piu` acute, erzse`bet aspetta "qualcosa". qualcosa che si riassume in una parola: liberazione. tra poco i russi saranno qui, pensa, e tutto cambiera`. finalmente, nella notte fra il 18 e il 19 gennaio, vedra` la sagoma del primo russo stagliarsi sotto la porta: ma quell`incontro sara` ben diverso da come se l`era immaginato. scritto in meno di tre mesi nell`estate del 1945 e rimasto inedito fino al 2001, il romanzo e` una testimonianza bruciante dell`orrore che un`intera citta` ha vissuto nei mesi dell`assedio dei sovietici, dei bombardamenti degli alleati, sottoposta ai rabbiosi rastrellamenti degli sconfitti.

"il mare non bagna napoli" e` - sottolinea pietro citati nella prefazione - una straordinaria discesa agli inferi: nel regno della tenebra e delle ombre, dove appaiono le pallidissime figure dei morti. di rado un artista moderno ha saputo rendere in modo cosi` intenso la spettralita` di tutte le cose, delle colline, del mare, delle case, dei semplici oggetti della vita quotidiana. anna maria ortese attraversa l`ade posando sulle cose e le figure degli sguardi allucinati e dolcissimi: tremendi a forza di essere dolci; che colgono e uccidono per sempre il brulichio della vita. nei racconti compresi nella prima parte del libro, questi sguardi penetrano nel cuore dei personaggi: ne rendono la musica e il tempo interiore, come molti anni prima aveva fatto cechov".

i giochi sono pericolosi quasi per definizione, ma a volte lo sono in un modo che alle definizioni si sottrae. quando irene riceve dall`america, nel suo bel cavolo di plastica, la bambola che aspettava, sa gia` che per quella creatura di stoffa vagamente orrifica dovra` essere, rispettando alla lettera le ferree regole imposte dalla fabbrica, una vera madre, cosi` come vere madri gia` sono, o stanno per diventare, tutte le sue compagne di classe, al collegio del sacro cuore di gesu`. quello che irene ancora ignora e` solo fino a che punto si spingera` la simulazione. quanto a luca, il protagonista del secondo racconto che compone questo libro, ha deciso che le giovanissime, esotiche abitanti della pineta dietro casa sua sono in realta` le winx, e, sentendosi dire dalla piu` bella, flora, quante monete dovra` sborsare per passare qualche minuto con lei, sa dove e come procurarsele. ma ancora non sa in cosa esattamente consista il misterioso `charmix` di quelle strane bambole. benche` separate nel tempo e nello spazio (la prima si svolge a roma negli anni ottanta, la seconda oggi, sul litorale del lazio), le due storie di letizia muratori vanno considerate indivisibili. lette in sequenza, si riveleranno infatti per cio` che sono: il copione di una commedia scalena e corrosiva, una storia quasi di fantasmi che costringe chi la legge a vedere il mondo adulto sempre e solo con gli occhi dei bambini - ma che per un singolarissimo gioco di sponda restituisce, di quel mondo, un`immagine che ferisce e persuade.

ne "la colomba pugnalata", pietro citati accetta una sfida temibile: avvicinarsi al mistero che fu marcel proust. con la sensibilita` e gli strumenti del narratore, con il rigore del saggista, egli ci rivela il paradosso di quest`uomo tutto dolcezza e passivita` che cela dentro di se` un grandioso architetto, un sublime legislatore, un pensatore metafisico capace di costruire una delle ultime cattedrali d`occidente.

se "la vecchia" ha proprio con lui, vladimir, un rapporto cosi` speciale, e` perche` loro due si somigliano: provano entrambi un profondo disgusto per tutto quanto li circonda, e la medesima pieta` per se stessi. due mascalzoni infelici, intrisi di amarezza e di cinismo, questo sono. percio`, lasciando gli scrocconi a vagare annoiati nella grande villa, jeanne papelier si ubriaca insieme a lui; finisce sempre che si mettono a piangere, e poi vanno a letto insieme. sono anni che vladimir ricopre il duplice ruolo di amante e di domestico; e che si occupa dell`elektra, lo yacht attraccato nel porticciolo di golfe-juan, insieme a blinis, russo bianco come lui, con il quale ha diviso l`esilio e la miseria prima che trovassero la gallina dalle uova d`oro. un equilibrio apparentemente perfetto, che si rompera` allorche` fara` la sua comparsa una donna giovane e bella, la figlia della vecchia papelier - una che non ha nulla a che fare ne` con quella ricchezza ne` con quell`abiezione.

xiamen e` una citta` sull`omonima isola rocciosa, collegata alla cina sud-orientale da un`autostrada e due ponti: a una baia "disseminata di imbarcazioni e sfavillii erratici" fa da controcanto un agglomerato industriale fitto di immigrati "irregolari e affamati". qui per lungo tempo ha spadroneggiato lai changxing, il tycoon che prima di diventare "il latitante piu` ricercato della cina" e` stato il piu` famoso tra i nuovi ricchi del post-maoismo, di volta in volta definito come un semplice tufei ("bandito", ma non sempre in senso dispregiativo) o come un robin hood dispensatore di lavoro. e qui si insedia, alla fine degli anni novanta, il giovane corrispondente del "times" oliver august, per il quale lai e` l`emblema di una cina con il piede in due staffe, che incoraggia i cittadini "ad agire sempre piu` liberamente, ma senza garantire che il loro operato rientri nella legalita`". l`indagine-inseguimento nei luoghi dell`infanzia e dell`ascesa di lai diventa allora un impressionante succedersi di "visioni" rivelatrici: l`"obitorio umano" di beihai e` la quintessenza di tutte le aree depresse; e la stessa xiamen sembra il concentrato di un`interminabile transizione. una transizione di cui august registra ogni aspetto socio-economico, ma di cui coglie soprattutto il versante grottesco e orrorifico.

nel tentativo di dare struttura e senso alla massa informe dell`universo, i pensatori dell`india piu` antica, i ritualisti del periodo vedico, si sono instancabilmente adoperati a tessere una prodigiosa ragnatela di connessioni e corrispondenze. il telaio usato per intrecciare il delicato arazzo di cio` che chiamiamo realta` era la grandiosa macchina del sacrificio, che aveva come punto focale la messa a morte di una vittima animale o vegetale. e filo conduttore di questa nuova raccolta di saggi di uno dei piu` acuti interpreti del pensiero vedico e` lo stesso dio della morte, yama (vale a dire "costrizione"): figlio del sole, ha una sorella gemella, yami, la quale gli corrisponde amorosamente come la terra corrisponde al cielo, in un rapporto che costituisce il modello indiano delle relazioni tra fratelli e sorelle. benche` immortale in quanto dio, yama fu il primo a sperimentare la morte, e a tracciare cosi` il cammino verso l`aldila`, quel regno dei mani o dei padri, moltitudine senza piu` volto, cui gli antenati accedono attraverso il rituale dello "sradda", che sancisce l`allontanamento dal mondo dei vivi mediante la dispersione dei resti e la consegna all`oblio dei loro nomi.

il padre della patria george washington aveva gravi problemi di denti - tant`e` che a mount vernon sono conservate diverse dentiere: di legno, di avorio, di zanna di tricheco o di ippopotamo. a partire da una constatazione apparentemente marginale ed eterodossa, robert darnton, con erudizione e gusto nel narrare, ci porta all`interno di un mondo molto piu` complesso e contraddittorio da come emerge dalle interpretazioni della storiografia dell`illuminismo, in particolare quella marxista. in questo libro egli affronta quattro temi strettamente connessi fra loro: i rapporti franco-americani, la vita nella repubblica delle lettere, le forme di comunicazione e i modi di pensare tipici del settecento francese. e lo fa, come al solito, rivolgendosi non agli storici di professione, bensi` "al comune lettore colto", che guida in luoghi del tutto inaspettati. rispetto poi ai suoi libri precedenti c`e` pero` una novita`, e di un certo rilievo: questa volta darnton intende "fornire una prospettiva storica" a quesiti, come si usa dire, di scottante attualita`: "l`adozione dell`euro mette in crisi il concetto di identita` europea? internet ha creato una nuova societa` dell`informazione?". quesiti ai quali risponde in un modo che e` sempre spiazzante, offrendo ai miti dell`attualita` uno specchio in cui si sveleranno, appunto, come miti.

nelle leggi e nelle costanti di natura vi sono molte coincidenze che non si sanno ricondurre a principi generali: sono dati empirici. secondo alcuni queste coincidenze sarebbero stabilite in modo da permettere la nostra esistenza. tale idea, detta principio antropico, e` invisa alla maggioranza dei fisici, che tuttavia sono ora obbligati a riconsiderare le proprie posizioni. a dare spazio al ragionamento antropico e` la teoria delle stringhe, che si e` rivelata in grado di trovare un denominatore comune tra visioni del mondo antitetiche ma irrinunciabili. la mossa decisiva fu l`aver sostituito alle particelle puntiformi un filamento unidimensionale: la stringa o corda. tutta la varieta` presente nell`universo era riconducibile ai differenti modi di vibrazione di queste minuscole stringhe. il prezzo da pagare consisteva nel fatto che queste vibrazioni avvenivano in uno spazio a dieci dimensioni: cio` significa che vi e` un numero enorme di modi in cui passare dalle diverse dimensioni accessibili, e ciascuno conduce a un "universo" con proprieta` fisiche differenti e valori diversi delle costanti fondamentali. la teoria, almeno per ora, non riesce a privilegiare un singolo modo che ci porti all`universo da noi osservato. per uscire dall`impasse, susskind ha proposto che il "paesaggio" formato da questa moltitudine di universi abbia esistenza reale. questo mutamento di prospettiva assurge oggi a nuovo paradigma.

e il destino, ancora una volta, a dare le carte: proprio al giudice kristof komives, cittadino integerrimo, tocca sciogliere dal vincolo matrimoniale imre greiner, un medico che e` stato suo compagno di collegio e anna fazekas, che komives aveva incontrato qualche volta, molti anni prima. ma la sera che precede l`udienza komives, rincasando a tarda ora, trova ad aspettarlo greiner, e da lui apprende che un evento atroce e` sopravvenuto a rendere inutile la sentenza. nel corso di un tormentato faccia a faccia greiner raccontera` a komives la sua storia con anna e soprattutto pretendera` da lui una risposta, prima che sia tutto finito. a sua volta komives scoprira` le verita` che i sogni della notte svelano e le luci del giorno occultano.

l`autonecrologia, osserva lodovico terzi, "e` trasgressiva, narcisistica, creativa, e presuppone due qualita` squisitamente letterarie: il gusto del paradosso (come autore dell`annuncio funebre il morto ruba la parte al vivo) e un incoercibile protagonismo (nemmeno da morto il morto e` disposto a cedere la parola)". jonathan swift, a cui non fanno difetto ne` l`uno ne` l`altro, va ben oltre e nel 1731 si diverte (con il suo solito spirito feroce) a mettere in scena la propria morte e tutte le reazioni che suscitera`, negli estimatori come nei detrattori: dall`insofferenza dei congiunti per l`eccessivo prolungarsi dell`agonia, al compiacimento di chi al confronto con il moribondo si sente vivo e sano, allo sgomento di chi nella sua imminente dipartita vede profilarsi la propria, fino al "compianto" (si fa per dire) della regina in persona, che nel ricevere la notizia esclama: "davvero se n`e` andato? era ora! / e morto, dici? be`, marcisca pure". la beffarda vena filosofica e morale che intride questo testo ha ispirato il traduttore a riprendere i vari temi toccati da swift - l`amore e il potere, l`amicizia e l`ambizione personale, lo slancio morale e i meandri dell`ipocrisia - e a intercalare alla lettura dei versi (in quelle "pause naturali" che la lettura stessa sottintende) una serie di riflessioni, o digressioni. ne risulta un piccolo libro originale, bizzarro e intrigante - una sorta di dialogo fra il grande scrittore satirico del settecento e il suo estroso interprete moderno.

"diario russo" e` il testamento morale di anna politkovskaja, ma anche la spiegazione implicita del suo assassinio, avvenuto il 7 ottobre 2006 e rimasto impunito. il libro ricostruisce infatti in dettaglio, su basi rigorosamente documentarie, anni cruciali della storia russa, contemporanea. rispetto alla russia di putin, questa volta la verita` sul paese non si rivela attraverso un affresco polifonico, storie convergenti che solo alla fine individuano il loro motore immobile nella figura di putin. qui la prospettiva e` rovesciata: si parte dal centro stesso del potere, documentando giorno per giorno il gioco politico che ha portato alla morte della democrazia parlamentare russa e al progressivo contrarsi della liberta` di informazione. una morte annunciata gia` nel 1999, ma divenuta palese con l`elezione pilotata della quarta duma nel dicembre 2003 e l`indebolimento del fronte democratico. l`esplosione nella metropolitana di mosca, il crollo del parco acquatico di jasenevo, l`insabbiamento dell`inchiesta sull`eccidio al teatro dubrovka, l`assassinio del presidente ceceno achmet kadyrov e l`intervista a suo figlio ramzan, le testimonianze sul sequestro di beslan, le cosiddette "azioni terroristiche di al-qaeda nel caucaso": sono solo alcune tappe di un viaggio perturbante nella storia di ieri. e la formula del diario permette di ricostruire i passaggi intermedi di avvenimenti che hanno sconvolto la russia e insieme le loro connessioni con la politica, spesso sfuggite ai media occidentali.

il terrore attraverso l`elettroshock, come nessuno ha mai osato raccontarlo. un classico dimenticato della narrativa nera.

il giornale dei sopralluoghi per "bello, onesto, emigrato australia" diventa l`ilare resoconto della nascita di un film, e della circospetta esplorazione di un continente lontanissimo. il testo ritrovato di un maestro della commedia all`italiana - lo sceneggiatore principe di alberto sordi.

"aprendo questo volume" scrive margherita pieracci harwell "si ritrovera` la campo che conosciamo ... ma anche una affascinante figura nuova, di cui brilla a tratti la giocosita` - che a detta di tutti ne iridava la conversazione, ma fin qui non avevamo visto trapassare nella scrittura - o d`improvviso scoppietta la maliziosa civetteria ... sono la voce, queste lettere, di una limpida, calda, forte amicizia, prezioso residuo salvato all`estinguersi della gran fiamma di un amore che aveva formato e tormentato chi le scrive nell`arduo passaggio dall`adolescenza all`eta` illuminata dal sole al suo zenit". cristina campo e leone traverso (insigne grecista e germanista) avevano formato per anni "una coppia perfetta" - lui dotato di fascino, non solo intellettuale, lei di bellezza e di grazia - al centro di quella cerchia di scrittori fiorentini di cui nel dopoguerra facevano parte, fra gli altri, tommaso landolfi e mario luzi. poi il rapporto si era incrinato, per chiudersi definitivamente nel 1956: troppo diversi, e lontani, il "rigore di spada" che contraddistingueva cristina e la "mollezza veneta" che le sembrava di scorgere in lui. tuttavia, a legare cristina e leone (a cui lei stessa aveva dato il soprannome di bul) fu ancora per lungo tempo - e ne testimonia questa corrispondenza - una duratura comunione di gusti e di disgusti, la passione per la perfezione dello stile, e soprattutto la fedelta` profonda a una certa idea, alta ed esigente, della letteratura.

polli in rivolta contro un intollerabile rito di espiazione, un cane docile e malmenato in fuga dalla ferocia dei suoi simili e degli uomini, un ronzino stremato da una vita di fatiche e bastonate: ecco i protagonisti di queste taglienti storie ambientate negli shtetl dell`europa orientale. ma protagonisti sono anche gli uomini che, nell`ansia di celebrare le loro feste, di vivere e di dimenticare, non sanno vedere le sofferenze degli animali, e tanto meno attenersi al precetto talmudico che impone "pieta` per gli esseri viventi". non sorprende allora che il bambino angustiato per la sorte di una carpa ("non dice forse il rebe che tutte le creature sono care al signore?") si senta dare dell`idiota dalla madre -e che questa, vedendolo poi piangere (per la piccola perele, uccisa durante un pogrom), pensi semplicemente che gli e` andato del rafano negli occhi. e un bestiario paradossale, quello creato da shalom aleichem, un mondo alla rovescia dove gli animali minano antiche usanze e sovvertono l`ordine naturale delle cose - un mondo co`lto con lo sguardo impietoso ma partecipe che ben conoscono quanti hanno gia` amato gli stralunati personaggi di "un consiglio avveduto" e gli amori tenaci e impossibili del "cantico dei cantici".

il racconto abbraccia due secoli, due sponde dell`atlantico e cinque generazioni di una dinastia ebraica in cui tutto e` smisurato: vitalita`, ricchezza, lusso, inclinazione al piacere in ogni sua forma. ma nessuna grande famiglia e` senza macchia, e la macchia dei gursky si chiama solomon, rampollo in disgrazia che pare essere stato presente, come zelig piu` o meno negli stessi anni, in tutti i momenti cruciali del ventesimo secolo - la lunga marcia, l`ultima telefonata di marilyn, le deposizioni del watergate, il raid di entebbe. solomon rimarrebbe tuttavia un mistero, se della sua fenomenale parabola non decidesse di occuparsi il piu` improbabile dei biografi, moses berger, ex ragazzo prodigio rovinato dal rancore e dall`alcol.

fra i molti elementi controcorrente che resero celebre schopenhauer presso una ristretta cerchia di contemporanei e contribuirono nel novecento a trasformarlo in oggetto di culto per una ben piu` folta schiera di appassionati vi e` senz`altro la lungimirante apertura nei confronti del mondo, della cultura e della religiosita` dell`oriente, in particolare dell`india. alcuni, da nietzsche a hesse, videro in cio` il segno di una inarrivabile liberta` intellettuale: per schopenhauer non la grecia, non roma, non il cristianesimo rappresentano la culla e l`eta` dell`oro dell`umanita` - e, quindi, dell`europa - bensi` l`india, il brahmanesimo e il buddhismo. certo egli non fu il solo a pensarlo, giacche` una sorta di indomania caratterizzo` l`intera cultura romantica. schopenhauer fu pero` il primo e unico filosofo a inserire organicamente l`india in un poderoso sistema di pensiero, facendone il cardine della sua metafisica e della sua etica: "buddha, eckhart e io insegniamo nella sostanza la stessa cosa" annoto` due anni prima della morte, consapevole di imprimere cosi` il proprio sigillo di verita` a un`opera destinata a permanere.

infanzie `favolose`, ragazze `deliziose`, ville sepolte fra gli alberi, parchi, piscine, tennis, biblioteche, vigne in collina... cacce, boschi, cantine sociali, partite a carte, lezioni d`inglese... piste da ballo, lirica del novecento, alberghi di sfollati, studi d`avvocato, licei bombardati, desolate vie provinciali negli anni piu` bui della guerra e del dopoguerra, crocicchi illuminati dalla luna, nonne con soldi, cavalli, spiagge, film con greta garbo, corse in automobile... studi universitari fatti male, trasalimenti sessuali confusi, droghine fatte in casa... fanciulline scatenate o svampite, ragazzini pensierosi e giovani scemini che incontrano il primo amore insieme al primo dolore... dignitose parsimonie... e uno sconfinato patrimonio d`affetti sentimentali e ridicoli accumulati o sperperati fra le ultime estati lunghe in campagna e le prime vacanze brevi al mare...

se il professor victor henrik askenasi, proveniente da parigi e diretto in grecia, ha deciso di fermarsi a dubrovnik (che negli anni trenta si chiama ancora ragusa), e` forse perche` - non diversamente dal giacomo casanova della "recita di bolzano", ne` da tanti altri personaggi di marai - e` li` che ha un appuntamento con il destino. perche` li`, forse, trovera` la risposta alla domanda che da sempre lo tormenta - quella che lo ha spinto, alcuni mesi prima, a lasciare sua moglie, i suoi studi e la sua cattedra di greco antico, e ad andare a vivere con una equivoca ballerina russa. situazione banale, in apparenza, sebbene altamente "sconveniente", come amici e colleghi l`hanno giudicata: un maturo signore si innamora di una donna giovane e attraente. e invece no: alla turbinosa eliz, come a tutte le donne che ha incontrato nella sua vita, askenasi non ha fatto altro che chiedere quella risposta. ma nemmeno lei, pur nella sua solare sensualita`, nella sua generosa impudicizia, ha saputo dargliela: eliz non era la meta, poteva soltanto mostrargli la strada. adesso, in un pomeriggio di maggio eccezionalmente caldo, allorche` decide di andare a bussare alla porta della sconosciuta che gli ha rivolto uno sguardo provocante chiedendo la chiave della sua stanza a voce appena troppo alta, askenasi sente che la risposta e` vicina, che e` infine arrivato il momento di oltrepassare quel limite al di la` del quale forse c`e` l`oscurita` del crimine e della follia - o forse la verita`.

il racconto di shirley jackson intitolato "la lotteria" ricorda da vicino, per la fama che lo circonda, la famigerata lettura radiofonica della guerra dei mondi di orson welles. fama non immeritata, giacche` la pubblicazione sul "new yorker" nel 1949, scateno` un pandemonio. molti lo presero alla lettera, reagendo all`istante e poi per lungo tempo con missive indignate o atterrite alla redazione. certe cose non potevano, non dovevano succedere. eppure la storia si presenta in tutta innocenza quale pura e semplice descrizione della lotteria che si svolge nell`atmosfera pastorale, quasi idilliaca, di un villaggio del new england in un luminoso mattino di giugno, come ogni anno da tempo immemore. ma giunto al termine di questo racconto, come degli altri che compongono l`intensa silloge qui proposta, il lettore scoprira` da se`, in un crescendo di "brividi sommessi e progressivi" - come diceva dorothy parker che cosa li rende dei classici del terrore. secondo un altro illustre ammiratore della jackson, oltre che maestro del genere, stephen king, lo sono perche` "finiscono con una svolta che porta dritto in un vicolo buio".

troppo a lungo si e` detto che il novecento musicale si muoveva fra due poli schoenberg e stravinskij -, finche` (in anni piuttosto recenti) non ci si e` resi conto della presenza di un terzo incomodo: richard strauss. incompreso dai fedeli della nuova musica e reo di troppo successo, strauss di fatto percorse per tutta la vita - e fino agli estremi, prodigiosi "vier letzte lieder" - vie non meno audaci, ma piu` nascoste, dei due teologi nemici della drammaturgia adorniana. dotato di una "imperterrita capacita` di assimilazione stilistica" e contraddistinto dall`invidiabile "abitudine di non sbagliare (quasi) mai", strauss tocco` nella sua carriera, condotta con accortezza d`imprenditore, tutte le capitali dell`impero musicale austrotedesco (da monaco a vienna, da bayreuth a berlino a dresda), meritandosi il nomignolo, coniato dal kaiser, che da` il titolo a questo libro: hofbusenschlange - serpe in seno, si`, ma di corte. e fu capace, grazie al dominio "di tutte le tecniche, incluse le truffaldine", ora di blandire il gusto del pubblico, ora di scandalizzarne il perbenismo. mario bortolotto ci guida in ricognizione attraverso i pezzi strumentali, i lieder, i poemi sinfonici, e soprattutto le opere: dai tentativi giovanili ai piu` noti capolavori alla "parlante inattualita`" delle ultime composizioni.

elisa vorrebbe solo una cosa: annullarsi in gilles. vivere per e attraverso gilles, non essere altro che sua moglie. preparargli la cena, guardarlo mangiare, guardare i suoi occhi, la sua bocca, i suoi capelli. ma il giorno in cui elisa capisce che gilles, suo marito, e` diventato l`amante di sua sorella, tutto crolla attorno a lei. eppure sceglie di tacere, di sorridere, di sopportare in silenzio l`indifferenza di gilles, perfino che gilles le parli del suo amore per l`altra, della sua gelosia. madeleine bourdouxhe, considerata tra i maggiori scrittori belgi del secolo scorso, pubblico` questo romanzo nel 1937.

il contratto preparato nell`estate del 1937 da faber and faber e da random house riguardava un generico "libro di viaggio sull`estremo oriente" e lasciava alla discrezione di auden e isherwood la scelta dell`itinerario e il taglio del resoconto. ma e` certo che la decisione, da parte della strana coppia di reporter, di partire per la cina - allora in guerra col giappone non fu delle piu` ovvie. di fatto, per quanto in quegli anni l`intelligencija europea frequentasse con una certa assiduita` trincee e teatri d`operazioni, nessuno aveva rivolto lo sguardo a quello che - nonostante le dimensioni, la ferocia e le implicazioni che avrebbe avuto per la storia non solo regionale era un conflitto quasi dimenticato. che auden e isherwood ci fanno invece rivivere nel momento stesso in cui accade, con un`immediatezza, una precisione e un`efficacia tanto piu` sbalorditive se si considera che del paese in cui soggiornarono dal gennaio al luglio del 1938 i due, per loro stessa ammissione, sapevano molto poco, e soprattutto che la forma da loro adottata un ibrido di prosa, versi e fotografie - era, ed e` rimasta, un unicum.

i saggi qui riuniti, apparsi originariamente in riviste oggi di difficile reperimento, coprono un arco temporale che abbraccia l`intero periodo creativo di gue`non, dal 1909 al 1950. la visione metafisica di gue`non appare gia` compiuta fin dal primo saggio sul demiurgo - pubblicato a ventitre` anni -, in cui egli affronta il millenario quesito "unde malum?", rispondendo con la disinvoltura e la meticolosita` di chi svolga una dimostrazione di cio` che dovrebbe risultare a tutti ovvio, o perlomeno facilmente desumibile da alcune nozioni universali di immediata evidenza, quali l`infinito, l`essere e il non-essere, il manifestato e il non-manifestato, l`unita` e la molteplicita`. e fedele a quella visione, incentrata sugli assiomi che nelle civilta` tradizionali definiscono l`ordine del mondo e il percorso iniziatico di realizzazione spirituale, gue`non nei quarant`anni successivi si adopera instancabilmente a rettificare le confusioni di pensiero e le aberrazioni terminologiche che vede diffondersi nel mondo moderno, chiarificando con puntiglio i rapporti fra monoteismo e angelologia, il significato delle idee platoniche, la distinzione fra spirito e intelletto, le valenze metafisiche della produzione dei numeri e della notazione matematica.

nel "papa` goriot" di balzac lo studente rastignac chiede all`amico bianchon che cosa farebbe se potesse diventare ricco uccidendo un vecchio mandarino in cina con la sola forza di volonta`, senza allontanarsi da parigi. dietro l`apparente provocazione, la domanda cela uno dei nodi piu` inestricabili della morale di ogni tempo, e trovera` due risposte antitetiche: se bianchon afferma che non ne sarebbe capace, rastignac ribatte che la vita, talvolta, porta necessariamente a passi estremi. la "parabola del mandarino" e` un`invenzione di balzac, che dimostro` un grande acume letterario nel riferirla a un pensatore e a un periodo in cui il dibattito sull`egoismo umano e sui suoi limiti era pervenuto a interrogativi capitali, cui facevano riscontro tesi opposte. quel relativismo morale che sembra dar luogo a "un`etica della vicinanza e a un`etica della lontananza" diventava allora il terreno di un confronto filosofico destinato a protrarsi nel tempo. henning ritter, prendendo le mosse dalla paradigmatica "parabola del mandarino", ripercorre le tappe di quel confronto a distanza: da montaigne a pascal, da voltaire a diderot, da sade a adam smith, da chateaubriand a dostoevskij fino a freud, bergson e ju`nger, in un itinerario che non teme di inoltrarsi "nelle impervie regioni poste al di la` delle certezze morali".

"educata alle regole e alla perseveranza", la giovanissima protagonista di questo libro enigmatico svolge con zelo, puntualita` e "con gentile professionalita`" il suo lavoro: accogliere e soprattutto ascoltare i clienti dello specialissimo laboratorio creato dal signor deshimaru nella sede fatiscente di un ex collegio femminile, ora destinato a raccogliere "esemplari". insieme - le ha spiegato lui quando l`ha assunta - dovranno prendersi cura degli "esemplari" con amore: e ha pronunciato la parola "amore" con estrema lentezza. la ragazzina che chiede loro di conservare (dopo averli debitamente catalogati) i tre funghi che ha raccolto fra le ceneri dell`incendio in cui ha perso i genitori non tornera` mai a vederli, ne` mai tornera` il vecchietto che e` venuto a portare i resti delle ossa calcinate del suo padda; ma avranno, come tutti gli altri "clienti", raggiunto il loro scopo: separarsi da cio` che hanno perduto tramutandolo in un "esemplare". anche la narratrice, a causa di un incidente occorsole nella fabbrica di bibite dove lavorava prima, ha perduto qualcosa: l`ultima falange dell`anulare sinistro. e spesso si chiede dove sia finito quel pezzette di carne, quella sorta di "conchiglia rosa ciliegio, soffice come un mollusco". a poco a poco la solerte, docile impiegata si lascera` inghiottire, come da una ragnatela, dal mondo chiuso e ovattato del laboratorio, dal silenzio lancinante che vi regna. fino al giorno in cui decidera` di consegnare anche lei qualcosa di se`.

ben poco si saprebbe della civilta` indiana piu` antica se non avesse lasciato un imponente corpus di testi noti con il nome di veda ("conoscenza"), i quali vertono intorno al centro assoluto del pensiero e della vita dell`india arcaica: il sacrificio, un complesso insieme di pratiche rituali descritto e regolamentato instancabilmente, al punto da emergere come una sorta di paradigma universale capace di riflettere ogni aspetto del mondo e della vita. in questo libro heesterman indaga le origini del sacrificio vedico, e si sforza di spingere lo sguardo al di la` dell`immagine levigata che di esso presentano gli antichi teorici indiani, sia mediante il confronto con altre tradizioni religiose sia attraverso la ricerca nei testi vedici di incongruenze e tensioni capaci di far intravedere una realta` piu` antica. riaffiora cosi` un mondo guerriero, violento e competitivo, in cui il "gioco" del sacrificio era intimamente connesso al "dilemma della vita e della morte". in seguito questo mondo fu spezzato, e all`agone sacrificale venne sostituito, attraverso lo sforzo reinterpretativo degli antichi esegeti vedici, il rituale classico, che vede come protagonista un sacrificante individuale privo di contendenti. heesterman individua nel sacrificio quattro elementi costitutivi: l`uccisione, la distruzione, il banchetto e l`agone.

"in tutti i libri dove il frammento e` sovrano, verita` e ubbie si susseguono da un capo all`altro. ma come distinguerle, come sapere che cosa e` convincimento e che cosa e` capriccio? un`affermazione, frutto del momento, ne precede o ne segue un`altra che, compagna di tutta una vita, si eleva alla dignita` di ossessione. spetta dunque al lettore discernere, perche` non di rado l`autore esita a pronunciarsi. in "confessioni e anatemi", sequela di perplessita`, si troveranno interrogativi ma nessuna risposta. del resto, quale risposta? se ce ne fosse una la si conoscerebbe, con buona pace del devoto dello stupore". queste le parole con cui lo stesso cioran presentava, nel 1987, quello che sarebbe stato l`ultimo suo libro pubblicato in vita, una raccolta di aforismi.

"voi sapete con altrettanta sicurezza di me, che io giudico il "chuzzlewit" la mia opera senza confronti migliore, sotto infiniti aspetti. che io sono cosciente delle mie forze come mai prima d`ora. che io so che, se la salute mi assistera`, potro` conservare il mio posto nell`animo degli uomini pensanti, anche se cinquanta romanzieri cominciassero a scrivere domani stesso." (charles dickens a john forster).

era stato il suo amico aviatore, quello che chiamavano il moro, a dirgli che l`importante e` trovare il palazzo. e quando il bambino victorio gli aveva chiesto: "moro, quale palazzo?", gli aveva rivelato che a ciascuno di noi, fin dalla nascita, e` stato destinato un palazzo, e che il nostro compito e` cercarlo. adesso victorio ha quarantotto anni, e il tugurio in cui vive sta per essere demolito. prima che cio` accada egli da` fuoco ai suoi pochi beni e, portandosi dietro solo un volume dei "me`moires" di saint-simon, la fotografia del moro che fa "ciao" dal suo aeroplano e un telo da spiaggia molto colorato, incomincia a vagabondare per le strade dell`avana.

sedici punti annotati su un taccuino engadinese: il profilo di un fenomeno su cui il mondo continua a interrogarsi.

che cos`e` il volo, e perche` un pilota - quale william langewiesche e` a lungo stato - deve imparare a fare esattamente il contrario di cio` che l`istinto gli detta. nato negli stati uniti nel 1955, laureato in antropologia alla stanford university. pilota d`aereo gia` dall`eta` di 14 anni, grazie agli insegnamenti del padre aviatore. fino a 36 anni lavora come pilota professionista per poi dedicarsi a tempo pieno alla letteratura di reportage.

un prezioso manuale che insegna a ogni ladro l`arte del furto, e come seguendo i suoi precetti si possano ottenere, anziche` biasimo e pene, ricompense ed encomi.

nato in germania, w. g. sebald (1944-2001) e` vissuto dal 1970 in inghilterra, dove ha insegnato letteratura tedesca contemporanea presso la university of east anglia a norwich. tra le sue opere sono da ricordare: "vertigini", "storia naturale della distruzione", "austerlitz". "il passeggiatore solitario" e` apparso per la prima volta nel volume "logis in einen landhaus".

sul finire degli anni venti, in un indolente pomeriggio di primavera, una giovane ereditiera americana, che ospita nella sua casa di campagna in francia un amico, scrittore fallito e io narrante, riceve la visita dei cullen, perfetti esemplari, si direbbe, "di quella agiata genia britannica che infesta il mondo intero col suo eccesso di energia e di toni pacati". sofisticati, blase`, gelidamente socievoli, i cullen sembrano nutrire per se stessi e per cio` che li riguarda una passione debordante. sul polso, mrs cullen regge un falcone incappucciato. ieratico e solitario, feroce e insieme minato da una brama tormentosa, il falcone diviene il catalizzatore degli eventi di un pomeriggio brioso che inclina ben presto alla tragedia e alla catastrofe.

la vita di lermontov, breve, intensa, influenzata dal modello byroniano, si riflette in componimenti dominati da eroi solitari, da esclusi e proscritti alla costante ricerca di un riscatto. i poemi e le liriche qui raccolti delineano un panorama della sua opera dal 1828 al 1841, l`anno della morte, privilegiando i vertici della sua produzione poetica.

da una parte una madre asserragliata dalla solitudine, chiusa fra quattro mura che emanano freddo e infelicita`, in una casa di campagna dove nulla pare funzioni. dall`altra una figlia dalla vita scombinata, che sente ogni settimana il dovere, angoscioso e astioso, di visitare la vecchia madre. e che ora vuole risolvere i suoi crucci trovandole una badante. ma la madre resiste. il conflitto, al tempo stesso lacerante e orribilmente comico, culmina in una festa per anziani, sgangherata e grottesca, finche` tutto si raggela in un`istantanea di vero dramma.

spesso e` stato detto che l`"arte della figura" di bach sarebbe un raggiungimento supremo della musica: castaldi spiega qui cio` che viene definito il "terzo stile" di bach. in una successiva dimostrazione rivela come la proposizione di debussy "il piacere e` la regola" abbia "una portata incalcolabile", in quanto "si contrappone innanzitutto alla glorificazione del dolore e della sofferenza, intesa come pedaggio per l`accesso alle zone empiree della nobilta` dello spirito." e, in chiusura, una ripresa: l`autore ripropone una prospettiva anti-adorniana su strawinskij, gia` affrontata nel testo "in nome del padre".